lunedì 3 ottobre 2022

Cade una goccia


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Foto di Pixabay da Pexels


Apro gli occhi e il buio si ricama di stelle. Per un momento ho provato l'assurda sensazione di cadere, come se fossi stata in volo, e ora non più. Mi sono arenata su una spiaggia, e la mia coda si dibatte invano, avvolta in un velo di sabbia. Lo scroscio delle onde che si susseguono sul bagnasciuga è il mio richiamo, ma la marea è calata, e io sono troppo lontana per raggiungerle.
Non posso far altro che guardare le stelle, che io stessa ho posto nelle profondità del buio con il suono della mia voce, diradarsi man mano che ciascuna di loro cade in una scia scintillante, consumandosi e lasciando al suo posto uno spazio vuoto.
Nel mio mondo le stelle cadenti sono davvero stelle, o lo erano, prima di sciogliersi nell'ultimo viaggio.
Rabbrividisco nel vento freddo che accarezza la mia pelle nuda, madida d'oceano, e stille salate piovono dai miei occhi sulla rena.
Cade una goccia sulla mia fronte, ma non dagli occhi, né dal cielo, bensì dalle dita del mio nemico, Shinji l'ingannatore, in piedi sopra di me nella sua veste bianca, piedi nudi e una pietra blu sulla cintura, più blu del mare. Zaffiro, pietra da maghi.
Shinji che con la sua voce di serpente mi ha indotto a pronunciare una parola proibita a ogni nostro incontro, rovinando sempre di più il mio mondo perfetto. Chiudo gli occhi e giro di lato la testa, non ho la forza di combatterlo, non più. "Combattere", ho dovuto pronunciare quella parola per poterlo fare, ma renderla reale con la mia voce non mi ha reso più forte, bensì più debole. Pesci, uccelli, delfini e balene e ogni altra creatura a cui la mia voce ha dato vita non avevano mai conosciuto la lotta, ma adesso, il mio intero mondo è in guerra con sé stesso. E tutto a causa del mago.
La sua veste mi sfiora un braccio, Shinji siede accanto a me sulla spiaggia. Fissa le onde, l'orizzonte, le stelle che a una a una lasciano il loro posto nel cielo.
– Non pensavo saresti arrivata a tanto pur di restare aggrappata al tuo mondo, piccola dea – mi schernisce con la sua voce melliflua e cantilenante.
Mi asciugo gli occhi, sporcandomi il volto di sabbia. – Tu vuoi che me ne vada. Così avrai tutto il mio mondo per te.
Shinji ride. – Non lo hai ancora capito? Io non voglio il tuo giocattolo rotto.
Mi indispettisce, che Shinji abbia usato la mia stessa voce per guastare la meravigliosa perfezione che avevo creato senza alcun reale motivo. Non per cupidigia, non desidera quello che è mio. Non per cattiveria, non gode nell'infliggermi dolore. Non per vendetta, io non gli ho mai fatto un torto.
Punto le mani sulla sabbia e mi sollevo a sedere a fatica. La mia coda è pesante, così come il resto di me.
– Che cos'è che vuoi, allora? – Non gliel'ho mai chiesto.
– Se le tue stelle potessero esaudire un desiderio – dice lui, indicando una scia in cielo che si consuma in un breve attimo, – chiederei loro di poter tornare indietro con te. Ma ciò è impossibile. Io mi sono assopito per non svegliarmi mai più. – Shinji si sdraia sulla sabbia, immobile. – Tutto ciò che posso desiderare adesso è di aiutare gli altri. Coloro che come te si sono persi dentro il loro mondo. Perché sei tanto restia ad abbandonarlo?
Piego la coda, la raccolgo vicino a me e la abbraccio, come se dentro, sotto le squame, avessi un paio di gambe, delle ginocchia. – Ho paura – mormoro. Subito mi mordo un labbro, invasa da un sentimento che non avevo mai conosciuto, o riconosciuto. Come sempre, Shinji ha carpito la mia fiducia, mi ha indotto a parlare, a pronunciare una parola proibita, e a renderla reale. Per la prima volta nel mio mondo i pesci tremano nel mare e nuotano a nascondersi, gli uccelli spiano frementi dai nidi sugli scogli, non osando lasciarli, e persino le stelle si affievoliscono in cielo, chiedendosi chi fra di loro sarà la prossima a cadere.
– Lo capisco. – Il tono di Shinji è sicuro, di nuovo beffardo. – Hai paura di lasciare un mondo di cui sei l'unica dea, per entrare in un altro nel quale sei solo una goccia in un vasto mare.
Voglio alzarmi, ma non posso. Lasciarlo, nuotare libera nel mio profondo oceano, ma non ne ho più la forza. E allora, sono costretta ad ammettere ciò che non ho osato confessare. – In quel mondo, io non ho voce.
Tutte le stelle abbandonano il cielo in una scintillante scia collettiva mentre Shinji mi abbraccia.
Cade una goccia dal sacchetto di plastica alla camera di gocciolamento della flebo. La luce ferisce i miei occhi stanchi, il mio corpo esausto e debole. Accanto al mio un altro letto, un altro corpo avvolto nelle lenzuola bianche come un sudario, o una lunga veste candida. Pur nella confusione che mi stordisce e annebbia i miei sensi, ho l'impressione di conoscerlo.
Somiglia a qualcuno assopito per sempre, che mi ha aiutato a svegliarmi.

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