lunedì 24 ottobre 2022

Il tempo alla fine del tempo


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Foto di RODNAE Productions da Pexels


Tutte le cose sono più belle quando stanno per finire. L'autunno che tinge d'oro e di cremisi i lunghi viali alberati o i boschi sui declivi dei colli è il canto del cigno delle foglie. Così la nostalgia rende più vivido e più dolce il ricordo all'approssimarsi della nostra ora.
Avevo rifiutato il posto che era stato riservato a me su una delle tre navi generazionali che erano partite qualche giorno fa per concludere il mio tempo sulla terra dove ero nata e cresciuta. Lasciate che partano i giovani, avevo detto a quei parrucconi dei senatori, noi abbiamo fatto il nostro tempo. Quasi nessuno aveva seguito il mio esempio. Egoisti schifosi.
Soffoco un moto di stizza, ormai è tutto passato, tutti i doveri, tutte le responsabilità, le conferenze stampa con i giornalisti e le uscite in pubblico per dimostrare il mio supporto a questa o quella causa, gli accordi sottobanco e le feroci discussioni con i rappresentanti dello schieramento avverso. Privata di tutti questi inutili orpelli che paiono così necessari per una figura pubblica quale io ero, la vita si è ridotta all'essenziale. Non mi serve molto.
Mi sono ritirata nella mia casa in collina, dalle cui finestre godo di una magnifica vista su un bosco autunnale. È il tempo dell'estate indiana. Camila, la mia domestica di origine ispanica che nel corso degli anni è diventata la mia confidente e quasi un'amica, è rimasta con me in questa casa. Non ha famiglia, e ormai, con i miei due figli e una nuora e un nipote in salvo sulla nave generazionale, lei è tutta la famiglia che resta a me. Abbiamo scorte che possono durare per mesi, un generatore e pannelli solari. Ho i miei libri, un'intera stanza del nostro rifugio funge da biblioteca, e ora ho tempo. Tempo per tutti quei volumi che avevo messo da parte, sempre presa dagli impegni e dalla frenetica corsa quotidiana. Attendevo la pensione per leggerli, così mi dicevo, ben consapevole che anche allora la mia vita sarebbe stata fin troppo occupata.
Serviva la fine del mondo per ricondurmi a ciò che conta davvero.
Camila mi serve il tè, e nel suo sorriso e nel contatto delle mie vecchie dita con la tazza fumante c'è tutto il calore di cui ho bisogno.
– Tutto a posto, signora? – mi chiede lei.
Inspiro la fragranza del tè e annuisco. – Tutto a posto Camila, ma niente formalismi, per favore. Siediti qui con me se lo desideri.
Lei si prende un momento, accende lo stereo e fa partire uno dei suoi dischi, la registrazione di una melodia di chitarra lenta e struggente, un suono garbato, vivacizzato da alcuni passaggi più rapidi e gioiosi. Afferra dallo scrittoio il suo album da disegno, una matita, e si siede con me al tavolino di fronte alla finestra, con una tazza di tè fumante posata davanti. Non legge Camila, il suo spirito ha altre necessità, ma come me, la vita l'aveva sempre costretta a rimandarle. Non l'avevo mai vista disegnare prima del nostro ritiro in quel tempo rallentato, più consono a un'esistenza umana della frenetica rapidità a cui l'epoca moderna abituava fin da bambini. Forse disegnava nei vari ritagli di tempo tra una mansione e l'altra, ma io non l'avevo mai vista.
Avevamo un posto d'onore per quel che sarebbe accaduto, ma intanto, ci godevamo la pace scesa sul nostro angolo di terra. La fine che era stata predetta, come ogni fine, rendeva più incantevole, più preziosa la vita che ci rimaneva e questo nostro piccolo, unico pianeta che avevamo sempre dato per scontato.

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