sabato 14 agosto 2021

Canicola

Canicola [ca-nì-co-la] s.f. I giorni più caldi dell'estate; sole a picco, solleone.

Etimologia: dal latino canicŭla, "cagnolino", diminutivo di canis, "cane". Era il nome dato nell'antichità a Sirio, la stella più luminosa della costellazione del Cane Maggiore, che da fine luglio a fine agosto sorge e tramonta col sole. Questi giorni, i più caldi dell'anno, erano perciò detti dies caniculares.



Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.
Foto di Nitin Dhumal da Pexels


La canicola, in città, era opprimente. Non tirava un filo di vento, e quando il sole era alto nel cielo le ombre si rattrappivano contro i palazzi diroccati, quasi avessero paura di mostrarsi a quel giudice impietoso. O forse avevano paura di Karol, pensò Maarit, Proprio come Hilo, che nonostante il caldo le si stringeva addosso, appiccicoso quanto l'asfalto sotto le suole consumate di scarpe troppo strette.
– Avanti, non vi fermate, razza di pelandroni che non siete altro – li spronò Karol.
Maarit si asciugò la fronte con il dorso della mano e accelerò il passo. Un altro rivoletto le colò fastidiosamente tra le scapole, sotto la maglietta e lo zaino che Karol la costringeva a portare. Non ricordava di aver mai dovuto portare nulla prima di allora, erano sempre stati gli adulti a farlo; Maarit preferiva pensare che quella nuova responsabilità significava che era diventata grande, piuttosto che ammettere che Karol fosse semplicemente cattiva. Anche se, a volte, lo era.
– Di qua – la donna li spintonò, costringendoli a oltrepassare una porta sfondata. All'interno, nonostante la penombra, la canicola non era affatto attenuata. L'aria stantia e opprimente sembrava anzi più densa che all'esterno. File di scaffali vuoti rivelavano che quello era stato un tempo un negozio, anche se la parola, che le era stata insegnata dagli adulti, per Maarit significava solo "forse c'è cibo, se non è già stato preso tutto".
– Forza, sapete come funziona – sibilò Karol. Con uno strattone li separò e sollevò Hilo fino agli scaffali più alti.
Mentre si chinava a sbirciare sotto gli scaffali, Maarit lo sentì mormorare: – Qui niente.
Con cautela infilò una mano nel buio. Una volta aveva toccato un topo morto, e Karol l'aveva presa in giro dicendole che era schizzinosa, una bambina viziata, e che quella era pur sempre carne. Stavolta invece fu fortunata: le sue dita incontrarono la sagoma familiare di un barattolo, e Maarit si allungò più che poteva per cercare di afferrarlo.

Nessun commento:

Posta un commento