giovedì 12 agosto 2021

Il buio nella mente


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Photo by Simon Robben from Pexels


Avevo sognato che il mondo era buio. Strade deserte, avvolte nell'oscurità e nel silenzio. Ero da sola, completamente da sola, sotto un cielo senza stelle, dominato dalla sfera rossastra di un sole immenso che però non spandeva alcuna luce. Chiamai, ma la mia voce non aveva suono.
Avevo freddo, così iniziai a camminare senza meta lungo strade sconosciute, identiche l'una all'altra. Mi stringevo nelle braccia, e speravo di incontrare qualcuno, un qualunque altro essere umano con cui condividere questa bizzarra esperienza che è la vita. Pensavo che sarei invecchiata girando per quelle strade solitarie, e invece ho visto da lontano il suo completo elegante e i suoi occhiali da sole.
Gabriele e io eravamo rimasti ancora una volta alzati fino a tardi a parlare e a infornare biscotti. Il tè di mezzanotte era quasi diventata una tradizione ormai. Lui mi aveva raccontato molte cose del posto da dove veniva, un luogo quasi senza luce, sul lato in ombra del suo pianeta che era in realtà una luna, e del vero pianeta che sembrava un sole rosso nella notte. Mi era stato difficile immaginare quanto dovevano essere diverse le sue città, le sue campagne. Quali piante, quali animali le popolavano. Le sue descrizioni sembravano sempre impossibili sogni, eppure ormai mi fidavo di lui abbastanza da credergli senza battere ciglio: se Gabriele diceva che qualcosa esisteva, da qualche parte, oltre l'immensa oscurità dello spazio, allora era vero.
D'altra parte, avevo già visto molte cose impossibili da quando lui era entrato nella mia vita.
Mi rigirai nel letto, e solo in quel momento mi ricordai di che giorno era. Balzai a sedere di scatto, completamente sveglia, a occhi sbarrati.
– Santo cielo! È oggi, è... oh povera me!
Scesi dal letto di corsa, afferrai la biancheria pulita e il vestito migliore che avevo e mi recai nel bagno avvolta in una vestaglia frusciante. Era così presto che era ancora buio, perciò dovetti accendere le luci. Quando, vestita e pettinata, raggiunsi il salotto in tutta fretta, oltre le vetrate era ancora buio e avevano iniziato a scendere grossi fiocchi di neve, che già stavano imbiancando i campi e gli alberi. In un angolo della stanza un giradischi suonava allegre canzoncine, nel caminetto scoppiettava il fuoco, e il profumo delle candele accese e di una tazza di tè fumante mi attendevano su un basso tavolino di legno accanto al divano.
Avrei dovuto essere felice, era la vigilia di una festa importante, che io non avevo più festeggiato da quando ero rimasta sola al mondo. Eppure, tutto ciò a cui riuscivo a pensare era quel cielo buio, l'oscurità oltre i vetri, che sembrava essersi trascinata fuori dal mio sogno per invadere la realtà.
– Avanti, sole, sorgi – mormorai inquieta, le mani strette l'una all'altra, giunte come in preghiera. Ignorai persino la fame che mi attanagliava, nell'ansia di scrutare fuori dalla vetrata, alla ricerca di una traccia di luce. – Gabriele? – chiamai, ma nessuna voce mi rispose. Possibile che fossi tornata a vivere nel buio e nell'isolamento, in una casa troppo grande? E se lo avessi soltanto immaginato per sentirmi meno sola, se quel mio strano compagno proveniente da un altro pianeta non fosse stato altro che l'invenzione di una pazza? Tutte quelle storie su un mondo oscuro da cui si era allontanato per vivere in una terra così luminosa che gli servivano degli occhiali da sole come protezione, non parlavano forse di me?
Mi voltai lentamente. L'albero decorato, splendente d'oro e di rosso, i pacchetti infiocchettati, le statuine di angeli sulle mensole che avevo sistemato scherzando con Gabriele, i nastri, le decorazioni, potevo anche averle preparate io da sola nei giorni precedenti. Ma non ero stata io ad accendere le candele e il caminetto, a mettere la puntina del giradischi sul vinile, a preparare il tè. No, dovevo scacciare il buio dalla mente, quella vocina che mi diceva che nessuno mai più mi avrebbe amato. Io non ero sola.
Fuori dalle finestre, il sole ancora non si decideva a sorgere. Poi arrivò lui con una spiegazione.
Le sue braccia mi avvolsero. – Buongiorno! O forse dovrei dire: buonasera?
– Sera? – guardai fuori, incredula. Ma certo, il sole non sorgeva perché era già tramontato. La spiegazione era più semplice del previsto.
– Eri molto stanca, così ti ho lasciato dormire. I bambini sono già arrivati, ho accolto io l'ambasciatrice, mi sono occupato di tutto.
Gli rivolsi un'occhiata torva: – Avresti dovuto svegliarmi...
Lui mi zittì con un dito sulle labbra. – Erano solo formalità. E l'ambasciatrice l'hai già conosciuta, no? Non ti sei persa nulla. Allora, sei pronta per incontrare i bambini?
Presi un profondo respiro, mi staccai da lui e m'impettii. Vibravo di gioia: la mia vita stava per cambiare di nuovo, niente più buio, niente più silenzio o solitudine, solo luce, molte responsabilità, certo, ma quella grande casa, e io... non saremmo mai più state un inutile spazio vuoto.

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