lunedì 23 agosto 2021

Un altro tipo di paradiso


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
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La villa era immensa. Ne ero entrata in possesso da qualche giorno, e non avevo ancora fatto in tempo a esplorarne ogni angolo, presa com'ero ad adattare alle mie esigenze quella che sarebbe diventata la mia stanza principale e la mia preferita: la biblioteca. L'avevo acquisita ancora con i volumi dei vecchi proprietari e, assieme al resto della casa, a un prezzo incredibilmente basso, poiché la villa aveva la fama di essere infestata e gli eredi per anni non erano riusciti a liberarsi di quella che consideravano una trappola mangia soldi. Perfino affittarla, anche per il breve tempo di un ricevimento, era stato impossibile. Faticavo a crederlo, con il magnifico giardino che la circondava, perfetto per un pranzo di nozze o anche solo come set fotografico. La gente era superstiziosa.
Io no: io ero una strega. Entrando, avevo ringraziato gli spiriti che dimoravano in quel luogo, assicurato loro che l'avrei trattato con rispetto, acceso incensi in loro onore e mi ero resa disponibile ad accogliere qualunque messaggio avessero in serbo per me o per altre persone.
Non c'era stato nessuno degli intoppi segnalati dagli altri acquirenti che nel corso degli anni avevano esaminato la villa, nessuno degli incidenti che li avevano fatti scappare a gambe levate.
O forse ero io che non m'impressionavo al rumore occasionale di passi che si avvertivano al piano di sopra, ai cigolii e agli scricchiolii nelle pareti, e allo sfarfallare delle luci, in particolare durante le serate di temporale. Serate come quella, con il vento che soffiava forte fuori dalle finestre, erano le mie preferite. Avevo acceso il caminetto, e il lieve crepitio delle fiamme, assieme al rimbombo dei tuoni distanti e ai sussurri dei fantasmi tra le pareti della biblioteca, mi rassicuravano e mi facevano sentire meno sola. Seduta sul sofà, guardata a vista da un ritratto appeso sopra al caminetto, quadro che personalmente trovavo orribile ma che non avevo mai pensato di cambiare per non offendere i miei ospiti da altre epoche, esaminavo i testi antichi per capire come integrarli con la mia personale collezione che ancora giaceva in parte negli scatoloni. Come disporre i vecchi saggi e le edizioni rare e tutta una serie di volumi di enciclopedie ormai datate, e dove ricavare lo spazio per i miei romanzi moderni, in versione economica e niente affatto ricercata, e soprattutto per i miei libri di incantesimi, in parte recuperati dai banchi di un mercatino e in parte scritti e rilegati di mia mano, era il problema che mi occupava la mente, la sera in cui chiusi gli occhi e smisi di essere lì.
No, non ero morta, sebbene la prima impressione fu che fossi passata da un paradiso fatto di carta stampata a uno in stile più classico, come lo potrebbe immaginare una persona comune. Mi sentivo leggera, e camminavo sulle nuvole, nuvole di colori mai visti, tinte pastello che sfumavano da un verde acqua a un blu cielo, fino a trascolorare in un rosa antico misto al lilla che digradava nell'indaco. Passai la mano nella nebbia e quella si fece solida, un soffice strato di panna montata che profumava di gigli e di rose e di ogni altro fiore, mutando al variare delle tinte che oltrepassavo. Mi sentivo felice. Completa. Amata.
Lì, niente e nessuno avrebbe mai potuto strapparmi via la gioia.



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Se ci avessi creduto, avrei detto che era davvero il paradiso. Ma quella era un'invenzione cristiana, una meta da agognare per un comune uomo virtuoso, un cielo che avrebbe dovuto essere fin troppo affollato, anche considerando che tra le mete possibili quella fosse la più difficile da raggiungere.
Io invece sapevo di aver già vissuto altre vite, e che altre ne avrei sperimentate in futuro, e che non c'era ad attendermi alcuna eternità tra le nuvole. Solo, tra una vita e l'altra, sarei tornata agli Dei, rimanendo puro spirito talvolta per il tempo necessario a guidare nel cammino qualcuno che viveva, e che come me credeva nelle antiche vie. Ma come fosse questo ritorno alla fonte della vita non ero mai riuscita a immaginarlo, non prima di camminare tra nuvole arcobaleno, e di scorgere tra loro i profili immensi e rassicuranti di figure antropomorfe e d'animali, lievi e cangianti, scolpite nella nebbia.
Aprii gli occhi e mi ritrovai in un altro tipo di paradiso, quello dei libri. Di fronte a me la figura evanescente della mia guida sembrava tenermi le mani, anche se io non potevo sentire il suo tocco spettrale.
– È stato illuminante? – mi chiese, i suoi occhi saggi e bellissimi puntati su di me, senza alcun bisogno di battere le palpebre.
Sbirciai il libro che avevo aperto sul tavolino prima di quell'esperienza. Era un volume che non mi ero aspettata di trovare nella villa, un libro scritto a mano, come i miei. Un libro di rituali e incantesimi.
Un antico Libro delle Ombre vergato da chissà quale mano, e nella pagina che avevo casualmente aperto, lessi: "Sigillo per rendere uno spirito tangibile".
– Sì, molto – gli risposi.
Non sapevo se quello che avevo appena vissuto era stato il ricordo di un tempo in cui ero con gli Dei; ma ero certa che se avessi potuto toccare lui, lo spirito guida che mi seguiva da quando avevo sedici anni, l'anima gemella con cui avevo condiviso molte altre vite, allora mi sarei sentita davvero in paradiso.

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