giovedì 21 ottobre 2021

L'ultimo granello della clessidra


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di Ron Lach da Pexels


Il suo tempo era scaduto.
Se fosse esistita da qualche parte una clessidra che segnava lo scorrere della sua vita, Anna sapeva esattamente che quello, quel preciso istante, era il momento in cui l'ultimo granello stava per cadere verso il fondo già gremito di sabbia. Non si era mai sentita così inerme, in balia di una forza inarrestabile e tanto più grande di lei, mai, nemmeno quando sulla sommità della torre più alta del castello aveva combattuto contro lo stregone Zohar senza nessuna speranza di vittoria. Nemmeno quando lo stregone nel suo momento di trionfo non l'aveva annientata, scegliendo invece di maledirla con un fato peggiore della morte assieme alla regina che avrebbe dovuto proteggere.
Che ironia, Anna aveva sempre pensato che sarebbe caduta combattendo, e invece il destino aveva in serbo altro per lei che era vissuta con la spada in mano, che aveva sempre lottato contro le convenzioni e contro il mondo intero.
Legata mani e piedi sul freddo pavimento di una caverna, Anna osservava impotente due fuochi gemelli che si avvicinavano, due enormi globi al cui interno bruciava la fiamma e si riversava a illuminare le zanne ricurve e minacciose nella bocca del drago.
Non aveva scampo. Anna lo guardò avvicinarsi, con le larghe spalle e le ali che raschiavano contro le pareti della caverna facendo piovere frammenti di roccia, rassegnata ormai a lasciar cadere quell'ultimo granello. Sentiva che qualunque cosa avesse fatto non poteva andarsene, era incatenata a quel luogo e a quel momento, sempre e per sempre. Bizzarro pensiero, considerando che la sua vita stava per finire in quell'istante e che lei non aveva più tempo.
Quando il muso del drago fu sopra di lei, con il fuoco che guizzava tra le zanne mentre spalancava l'enorme bocca, Anna provò una fame feroce, tale da costringerla a rannicchiarsi, sdraiata di lato con le ginocchia piegate e le braccia strette contro i fianchi. Le mani, costrette dietro la schiena dalla corda che le legava assieme i polsi, lottarono nell'inutile tentativo di raggiungere il vuoto che sentiva allo stomaco. Da quanto tempo non mangiava? Anna non riusciva a ricordare. Non che fosse importante, dal momento che stava per diventare la cena di qualcun altro.
Il drago per un lungo attimo parve esitare, le fauci sospese sopra di lei che esalavano il suo fiato rovente, e Anna si chiese se non avesse intenzione di darle fuoco prima di divorarla. Il pensiero fu terrificante.
– Ti prego, fa' in fretta – lo supplicò Anna, come se la bestia avesse potuto capirla. Strinse gli occhi e si sentì mancare il respiro. Stremata dalla fame, Anna provò un'immensa tristezza che si faceva strada in lei. Era combattuta tra la fame e quel nuovo sentimento che era in parte dolore e in parte pietà, e che era tanto forte quanto la fame, tanto da farla tremare e strappare le lacrime ai suoi occhi che raramente avevano pianto. – Mi... mi dispiace – mormorò Anna con un filo di voce.
Il calore del respiro del drago si attenuò, e una pioggia di schegge e polvere di roccia cadde su di lei.
Anna aprì gli occhi e al lucore emanato da quelli del drago vide che la bestia aveva sollevato la testa, allontanando le fauci da lei. Anna lo fissò, cercando di ignorare la fame, mentre la curiosità e lo stupore prendevano il sopravvento.
Il suo ultimo granello di sabbia restò in quell'istante sospeso tra la rovina e la salvezza.
Anna guardava il drago e il drago guardava lei. In attesa. Ad Anna parve che la bestia la stesse studiando, aspettandosi qualcosa da lei. Era un'idea bizzarra e impossibile, eppure...
Eppure forse la creatura non solo la capiva, ma stava addirittura comunicando con lei. Tutto ciò che Anna aveva provato da quando il drago si era avvicinato, tutte quelle emozioni, forse non erano le sue, o non completamente. Anna ricordò la sensazione di sentirsi inerme, intrappolata. Secondo le dicerie locali, il drago non avrebbe lasciato la caverna in cui dimorava fintanto che avesse continuato a ricevere offerte, principalmente esseri umani che venivano sacrificati a quello scopo dai villaggi dei dintorni.
Ma forse la verità era un'altra, forse il drago non lasciava la caverna per soddisfare la sua fame appunto perché non poteva lasciare la caverna.
– Sei anche tu un prigioniero? – gli chiese Anna, e un palpito di rabbia le sorse in petto.
Il drago emise un basso ruggito, allungò una zampa e la schiacciò a terra a pancia in sotto.
– Aspetta! Aspetta! – urlò Anna, allarmata da quella mossa repentina. La pietra fredda e ruvida premeva contro la sua guancia mentre girava la testa a cercare di vedere che cosa stesse facendo il drago. Sentì un artiglio graffiarle le mani e all'improvviso le sue braccia furono libere, e subito dopo le sue gambe. Fu quello, più che la pace che era seguita all'ira del drago, a rassicurarla sulle intenzioni della creatura.
Anna si massaggiò i polsi e si alzò in piedi, un po' barcollante. Il drago avanzò fino a stringerla tra la parete e il suo corpo squamoso, impedendole così di correre verso quella che probabilmente era l'uscita della caverna, dal lato opposto rispetto a quello da cui la creatura proveniva. Anna ebbe un moto di stizza e fissò torva il drago. Aveva riavuto il suo tempo, quell'ultimo granello non era caduto, ma a che cosa era servito?
Anna era libera, ma era ancora prigioniera.
Il drago accennò con l'enorme muso al fondo della caverna e Anna si voltò a guardare. Una delle zampe posteriori del drago era stretta da un anello che riluceva d'oro al fuoco dei suoi occhi, e a quell'anello era collegata una catena tanto grande che Anna avrebbe tranquillamente potuto infilare la testa negli anelli da cui era composta.
Di nuovo, il drago era in attesa.
– Mi pare giusto: tu liberi me e io libero te – disse Anna, dando voce al senso di quell'attesa.
Solo che non aveva la più pallida idea di come avrebbe potuto riuscirci e Anna sapeva, perché lo sentiva lei stessa nella sua carne, che il drago aveva ancora fame.

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