giovedì 11 novembre 2021

Sotto la pioggia, sopra la neve



Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di Evelyn Chong da Pexels


Non posso dire che non sia stata colpa mia. Ma cerca di capirmi: io volevo soltanto aiutare. Tutto qui, solo aiutare.
Quando Gaia se ne andò per il fine settimana mettendo nelle mie mani la baracca, io glielo dissi che non avevo mai letto il libretto di istruzioni, e che quindi non sapevo proprio come comportarmi in caso di un imprevisto. L'avevo avvertita, eh! Ma lei "no, tutto a posto, non ti devi preoccupare. Ho impostato tutto quanto in modo che possa andare avanti anche da solo. Tutto ciò che devi fare è sorvegliare. Dare un'occhiata di tanto in tanto, così, per sicurezza."
E io lo avevo fatto. Avevo sbirciato, dapprima con disinteresse, con l'insofferenza di chi ha ricevuto un incarico noioso e superfluo. Avevo altri modi di trascorrere il mio tempo che non fossero fare la guardia al progetto di mia sorella. Che cosa ci trovava poi di così interessante in quella roccia sperduta nel vuoto? Non appena mi posi la domanda, capii che era fatta. Avevo combinato il guaio più grosso. Avevo risvegliato in me la scintilla della curiosità.
E non è una scintilla che possa essere soffocata prima di aver causato un incendio in piena regola, quella. Così, invece di restarmene in disparte a guardare tutto dall'alto, trovai la porta ed entrai.
La mia prima esperienza del progetto di mia sorella avvenne sotto quella che qui chiamano "pioggia". Acqua in forma liquida che cade dall'alto. Sembra una follia persino a dirlo, figuriamoci a sentirla scorrere sulla superficie di una forma fisica, in una scia umida che provoca un insolito solletico sul confine tra te e tutto il resto. Non ero abituata a queste sensazioni, ma fu stranamente... gradevole. Almeno finché alcune di quelle buffe creature che mia sorella aveva voluto far crescere sulla sua roccia non mi dissero che non avrebbe dovuto piacermi, e cercarono di frapporre un altro confine dalla forma concava tra me e l'acqua che cadeva.
Avrei potuto arrabbiarmi per quella intromissione, ma lasciai correre. Erano piccole creature spaventate, che cosa ne potevano sapere loro. Cominciai a esplorare la loro casa, e nel frattempo, avevo scovato il libretto di istruzioni che mia sorella aveva abbandonato in un angolo. Aveva le pagine sgualcite, macchiate e piene di strappi, ma anche così si rivelò una lettura interessante.
Iniziai a modificare leggermente le impostazioni, così da prendere familiarità con i comandi. Fu presto ovvio che non potevo giocarci per conto mio senza che le buffe creature che temevano la pioggia se ne accorgessero. Pochi anni dopo del loro tempo, e già erano tutte prese dalla paura per una nuova minaccia: non più la pioggia, bensì il caldo.
Non facevano che lamentarsene. Una pensa che un pochino di caldo in più non possa far niente di male, che anzi possa risultare gradito, e invece no, le buffe creature non facevano che riunirsi e parlare e incolparsi a vicenda, come se i comandi e il libretto delle istruzioni fossero stati nelle loro mani, invece che nelle mie.
Alla fine del secolo, li avevo sentiti lamentarsi così tante volte, che decisi di prendere in mano la situazione, ascoltarli, e fare qualcosa che speravo avrebbero gradito. Scovai la leva del freddo e tentai di muoverla, ma era bloccata, così spinsi più forte e tutto ad un tratto la leva cedette e scivolò fino in fondo.
E questa, se hai ascoltato bene, è la mia parte di colpa nella vicenda. Se solo non avessi dato retta a quelle creature, nulla di tutto questo sarebbe successo.
Quando mia sorella tornò a casa, la sua roccia era diventata interamente bianca. Mi trovò così, con i piedi immersi nella coltre bianca, a godermi le stilettate di gelo che intirizzivano questa mia forma fisica mentre il vento boreale sibilava nelle orecchie e faceva turbinare i fiocchi candidi in mulinelli angosciati. Le buffe creature avevano smesso di lamentarsi, chissà dov'erano.
Cercai di spiegare a mia sorella che io avevo solo provato ad aiutarle, ma lei non volle sentire ragioni e mi spedì a sturare i buchi neri intasati e a lucidare le stelle spente, ben lontano dal suo prezioso terrario, mentre lei si mise con cura a resettarne le impostazioni.

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