sabato 12 febbraio 2022

Vituperare

Vituperare [vi-tu-pe-rà-re] v.tr. (vitùpero ecc.) [sogg-v-arg] Insultare, ingiuriare qualcuno; frequente al passivo: essere vituperato.

Etimologia: derivato dal latino vituperare, composto da vitium, "vizio" e parare, "prepararsi, stabilire, fare".



Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.
Foto di Yan Krukov da Pexels


A bordo della nave generazionale c'era una ragazzina che non era nata nell'ospedale del ponte F come accadeva da generazioni. Era stata salvata da una morte certa alla deriva nello spazio. Questa era la notizia del giorno, da molti giorni.
La notizia era trapelata prima che le brave famiglie dei residenti avessero avuto la possibilità di vederla, figurarsi parlare con lei. I motivi della sua segregazione non erano chiari, e già circolavano ipotesi assurde: che fosse malata, contaminata dalle radiazioni, impazzita per la solitudine, che fosse un clone alieno sotto sembianze umane, che avesse due teste e quattro braccia. Più la gente per bene ne parlava, più i dettagli suo suo ritrovamento e sulla sua situazione si facevano strani.
Fu solo quando la ragazzina fu presentata ufficialmente che tutti tirarono un sospiro di sollievo: aveva due braccia, una sola testa, e tutti gli arti al proprio posto. Poi lei aprì la bocca e, con quel poco di lingua comune che le avevano insegnato, chiese a quelle brave persone: – Perché mi fissate come un branco di idioti?
Qualcuno nella folla si irritò, qualcun altro si scandalizzò, ma la maggior parte pensò che la ragazzina non poteva aver voluto dire proprio quello, no, ci doveva essere un errore, forse ancora non comprendeva bene il significato delle parole. Poveri illusi. Lei le capiva benissimo, e si curava di non parlare mai con qualcuno senza vituperare lui, la sua famiglia, i suoi vicini e l'intera nave, quando ci riusciva. Nessuno capiva che non lo faceva con cattiveria, che era stata abituata così dalla sua famiglia adottiva, appartenente a una razza aliena che usava l'ingiuria come forma di comunicazione. Con l'andare del tempo la ragazzina venne isolata dai suoi simili, e vituperata a sua volta, con l'intento, in questo caso, di sminuirla e offenderla. Cosa che non riusciva mai, perché più la insultavano, e più lei si sentiva a casa, e rispondeva a tono, felice di poter avere quella che considerava una conversazione normale.

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