giovedì 10 marzo 2022

La strega del mare


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di Erik Mclean da Pexels


La strega se ne stava in piedi a prua della nave, avvolta in un fumo dai colori cangianti, le mani protese in avanti e sollevate verso il cielo livido. Non pioveva, non ancora, ma immense onde squassavano lo scafo e lampi violenti illuminavano a tratti le nubi, accompagnati da scoppi di tuoni che coprivano le urla del quartiermastro e dei marinai, i pochi che ancora riuscivano a reggersi in piedi in quell'inferno. Io non potevo, non più: mi ero alzato in piedi due volte e due volte ero scivolato e andato a sbattere contro il parapetto. Fradicio, dolorante, esausto, avevo rinunciato a rialzarmi e mi ero avvolto una sartia attorno al braccio per evitare di essere buttato fuoribordo dalla nave che sussultava come un cavallo imbizzarrito, ormai fuori da ogni nostro controllo. E lei era lì, sicura e stabile, a mormorare incessantemente un'empia litania al cielo e alle onde, e nessuno spruzzo pareva in grado di penetrare il fumo iridescente che le turbinava intorno, né le raffiche di vento avere il potere di disperderlo.
Era la visione più terrificante a cui avessi mai assistito, più ancora della tempesta da incubo che imperversava sul nostro vascello. Ed era vicina, a pochi passi da me.
Non potevo alzarmi, mi dissi, mentre un'altra ondata salmastra superava la murata e mi pioveva addosso, pesante e umida, come uno schiaffo dal dio dei mari in persona. Non potevo alzarmi, ma forse... forse potevo strisciare...
La strega mi dava la schiena, perciò non mi avrebbe visto. Era intensamente concentrata sulla magia che stava tessendo, le sue dita si muovevano come a tirare invisibili fili nei vapori color arcobaleno, e la sua voce magnetica cantava, cantava un'irresistibile malia da sirena, cantava all'oceano e al vento. Non mi avrebbe sentito avvicinarmi, io stesso sentivo a stento le urla dei miei compagni di sventura, gli ordini ripetuti da un capo all'altro della nave da chi ancora sperava di poterci salvare nella solita maniera, per mezzo delle cime e del timone. Come se quella in cui ci trovavamo fosse una comune tempesta mentre invece era stata lei a evocarla, lei che ci aveva tradito, lei che ci avrebbe fatto colare a picco. Qualcuno doveva fermarla, non c'era altra soluzione. Una volta morta la strega, la tempesta si sarebbe placata.
Tossii l'acqua che l'ennesima onda mi aveva ficcato in gola. Avevo ancora un coltello, e se un'arma mortale poteva ferirla, quella era la mia occasione. Ma esitavo a lasciare la sicurezza offerta dalla sartia che mi tratteneva, e in più, ogni volta che alzavo lo sguardo su di lei, mi sentivo paralizzare dal terrore. E, per quanto mi paresse impossibile, me ne sentivo anche attratto. Era una bella donna, questo avevo pensato quando si era presentata a noi, dal fascino selvaggio ed esotico. Ma da quando avevo sperimentato il suo potere, la guardavo come si guarda uno squalo, o una tigre nella foresta, sapendo che può ucciderti.
Volsi lo sguardo al resto del ponte, continuamente spazzato da ondate successive da entrambi i lati, e agli omuncoli che si affaccendavano o che resistevano come potevano, aggrappati a qualsiasi cosa. Di fronte a me, addossato alla murata di destra, illuminato di tanto in tanto dai lampi, vi era un marinaio che stentai a riconoscere. Forse indovinò le mie intenzioni dalla mia espressione risoluta, o forse dalla mano posata sul manico del coltello alla cintura, ma il marinaio mi fissò e scosse lentamente la testa.
O forse, semplicemente, stava cercando di schiarirsi le idee dopo la botta che doveva aver preso e che gli aveva gonfiato il lato sinistro del volto.
Io non ero messo meglio, con tutti i lividi e il dolore che mi bruciava la schiena e le membra. Forse ero anche ferito, chissà, era impossibile dirlo se l'acqua di mare continuamente lavava via il sangue. Ma ero l'unico abbastanza vicino e abbastanza folle da tentare l'impresa. Con cautela, svolsi le corde dal braccio e mi tenni basso, pronto a piantare le unghie sul ponte, se necessario. Sul punto di scivolare in avanti, qualcosa di colpo cambiò.
La voce della strega tacque, e fu il silenzio. Niente più tuoni, niente più raffiche di vento ululante, niente più frastuono delle onde. La strega abbassò le mani e il fumo che l'avvolgeva si disperse, e un cielo azzurro squarciò le nubi che si andavano rapidamente disperdendo, senza vento a soffiarle via, come assorbite dai raggi di sole nella bonaccia.
Per un lungo istante, temetti che lei avesse scoperto i miei piani.
Invece la strega si volse e senza degnarmi di un'occhiata si avviò verso il cassero a poppa, là dove una porta si socchiudeva e un uomo in paramenti regali, molto pallido, si affacciava.
La camminata della strega era strana, sbilenca, quasi zoppicante nonostante la rapidità del suo incedere, come se non fosse del tutto abituata a usare le gambe, a muoversi su un terreno solido. Giunta di fronte al nostro re, uscito dalla sua cabina affiancato da un attendente che gli asciugava la fronte, la strega accennò una riverenza ed esordì: – O potente sire, – e detto da lei, con quel tono, dopo lo sfoggio di potere che aveva fatto con la sua magia, quell'appellativo aveva il sapore di una derisione. – Voi mi avete evocato, e io, come promesso, ho fatto scempio dei vostri nemici, e vi ho liberato dalla loro sgradita presenza.
A quelle parole mi sollevai a sbirciare oltre il bordo della murata, e come me molti altri, compreso il marinaio dal volto tumefatto, si protesero a osservare un mare placido, senza più traccia della flotta nemica che con i suoi cannoni aveva decimato i nostri vascelli. Centinaia di navi, che dopo aver affondato le nostre subendo perdite irrisorie avevano circondato la nostra ammiraglia, e se non ci avevano preso a cannonate era stato solo perché evidentemente avevano l'ordine di catturare vivo il nostro re. Di quelle navi, dopo la tempesta, non restava più alcuna traccia, nemmeno un relitto, né il cadavere di un marinaio che affiorava dall'acqua.
Il mare aveva inghiottito tutto.
Il nostro re stava balbettando un ringraziamento, ma la strega lo interruppe.
– Dimostratemi, sire, la vostra gratitudine onorando il patto che abbiamo stretto. Io pretendo la mia remunerazione, come stabilito.
– Ma certo, certo, come s... stabilito. – La voce del re incespicò nelle parole, poi si abbassò, ma nonostante fosse appena un mormorio, nel silenzio e nella bonaccia seguita alla tempesta noi lo udimmo lo stesso. – Potete avere uno dei miei marinai... quello che volete.
Ci guardammo l'un l'altro, intimoriti. Qualcuno si strinse più forte alle corde come se la tempesta stessa fosse tornata a prenderlo e rovesciarlo in mare. Il marinaio ferito alla testa, di fronte a me sull'altro lato del ponte, si accasciò e iniziò a piangere in tono lamentoso.
La strega rise, e fu come un acciottolio di conchiglie trascinate sui fondali dalle correnti. Era un suono allo stesso tempo magnifico e tremendo.
– Non voglio i vostri conigli. Anguille che strisciano nella melma e si nascondono tra le alghe, misere e tremebonde.
Pensai, a quelle parole, che la strega intendesse portarsi via il re in persona. Pensai che gli stesse bene, dopo aver stretto quel patto scellerato sulla pelle di qualcun altro.
– Tuttavia... – proseguì la strega. – Forse, dopotutto, qualcuno degno delle mie attenzioni esiste, su questa nave. Uno solo, con sufficiente coraggio da pensare di potermi tenere testa. Un illuso, un folle, ma nondimeno... ha suscitato il mio interesse.
La strega del mare si girò, puntò un dito adunco nella mia direzione, e disse: – Voglio lui.

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