sabato 5 marzo 2022

Soffuso

Soffuso [sof-fù-so] agg. 1. Diffuso in modo tenue e uniforme; cosparso, colorito. 2. fig. Venato, pervaso di qualcosa.

Etimologia: dal latino suffusus, participio passato di suffundere, composto da sub, "sotto", e fundere, "spargere, versare".



Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.


La luce del tramonto brillava tenue sui suoi capelli. Mia figlia teneva un barattolo di vetro di fronte a sé, le piccole braccia tese verso il sole. Mi sono avvicinato in silenzio, camminando a piedi nudi sulla sabbia soffusa di un tiepido calore. Dopo qualche istante di muta osservazione, mi sono accosciato accanto a lei.
– Che cosa stai facendo? – le ho mormorato, guardando prima lei, poi l'orizzonte.
I bambini, certe volte non si riusciva proprio a capirli. Eppure lo siamo stati tutti, no?
– Papà, ma non vedi? Aspetto che il sole entra nel barattolo – mi ha risposto lei.
Ho sorriso, adocchiando il suo sguardo di intensa concentrazione puntato sul barattolo di vetro trasparente, vuoto. Lo sguardo di una bambina di quattro anni che ancora crede nell'impossibile.
Eppure, grazie a lei, ci credevo anch'io.
– E perché vorresti mettere il sole in un barattolo? – le chiesi, un blando tentativo di comprendere la sua astrusa logica.
– Mi hai detto che tu non puoi fare la luce. Allora voglio dartene un po' io. Così non hai più paura del buio, come me.
Il suo sorriso, mentre si voltava a guardarmi, era la cosa più bella del mondo. Ancora più bella di quella magia di luce che lei sapeva sprigionare dalle mani, e che la rendeva speciale, ma allo stesso tempo, in pericolo. Un'inquietudine ansiosa soffuse i miei pensieri mentre la abbracciavo.
Io non avevo paura del buio. Avevo paura che il mondo la scoprisse, che me la portasse via per studiarla in un freddo laboratorio sotto impietose luci al neon.
Non mi importava di sapere perché lei era come era.
Io volevo solo che fosse felice.

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