lunedì 11 luglio 2022

La sicurezza innanzitutto


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di Rachel Claire da Pexels

La catapecchia nel bosco non sembrava un luogo molto sicuro, ma non avevamo trovato di meglio per ripararci dal forte vento che squassava gli alberi, strappando foglie marcescenti ai rami secchi. Una parte del tetto, una copertura rudimentale di paglia su un'armatura di pali incrociati, orizzontali e verticali, era crollata, o forse era già stata strappata via dalla burrasca; le assi delle pareti erano vecchie, annerite e curvate dall'umidità; le finestre non avevano i vetri, ma almeno erano state sbarrate in modo sommario da alcune assi di legno più piccole inchiodate sul lato esterno. La struttura scricchiolava e gemeva, e a lato della porta chiusa una lanterna spenta dondolava appesa a una catena cigolante.
Un tempo la baracca in rovina doveva essere stata circondata da uno steccato, ma non ne rimaneva che qualche palo piantato a terra qua e là, con qualche rara traversa mezza storta.
– È di prima, o di dopo? – mi chiese Hilo, aggrappato all'unica sezione dello steccato che pareva aver resistito intatta. Fortunatamente, ancora per qualche anno, il suo era un peso molto leggero.
Spinsi indietro i capelli che erano sfuggiti al cappuccio, e che catturati dal vento mi stavano frustando il volto. – Che t'importa? È un posto.
Probabilmente di dopo, pensai. La casupola diroccata, tutta sola in quel luogo sperduto, era molto diversa dai solidi palazzi riuniti a centinaia, o anche migliaia, nelle vecchie città. Ma saperlo non cambiava nulla.
Hilo mollò la presa sullo steccato, passò in mezzo ai pali di traverso e si lanciò in avanti. Lo raggiunsi in fretta e lo agguantai per una spalla, poi lo costrinsi ad abbassarsi con me. – Shhh. Che cosa facciamo quando si arriva da qualche parte? – bisbigliai al suo orecchio.
– Prima di entrare, bisogna controllare – ripeté a memoria la sua voce lamentosa, appena udibile nell'ululato del vento.
Annuii. – Meglio essere sicuri che sia sicuro.
Mi preoccupava la solidità della struttura, ovvio, soprattutto con la tempesta in arrivo. Ma ancor di più mi preoccupava che qualcun altro avesse scelto quel luogo come rifugio per la notte che stava per giungere. Avevamo avuto la nostra dose di esperienze con gli adulti, e sapevamo che non sempre era una cosa buona averli attorno. Le persone erano pericolose. Alcuni perché erano cattivi. Altri, perché non erano in grado di proteggere sé stessi, figurarsi proteggere noi. Così, adesso che stavo crescendo, avevo deciso che io e Hilo potevamo cavarcela da soli.
– Però, Maa... secondo te davvero qualcuno ha camminato fino a qui? È... è... insomma, in mezzo al bosco!
Sbuffai. – Ti ricordi che cosa diceva Josef?
Josef, uno dei pochi adulti che si fosse davvero preso cura di noi. Ci aveva insegnato tante cose, incluse quelle utili per sopravvivere, ma anche lui, come tutti gli altri, alla fine era morto o ci aveva abbandonati.
Il volto di Hilo si illuminò nel recitare in tono cantilenante: – Se c'è qualcosa in questo posto, di sicuro è ben nascosto.
Scossi la testa. – No, l'altra cosa.
– Se tu ci sei arrivato, qualcun altro può averlo trovato – disse Hilo, mentre il sorriso mutava in un broncio.
– Bravo bambino. – Lo premiai con un buffetto sulla testa. – E ora andiamo, controlliamo dalle finestre, ci sono quegli spazietti tra le assi di legno da cui possiamo sbirciare all'interno.
Ci avvicinammo in silenzio, carponi, stretti l'uno all'altro tra le raffiche di vento sempre più intense. Non era un rifugio sicuro quel tugurio in mezzo al nulla, marcio e in rovina, che pareva reggersi a malapena e i cui scricchiolii rendevano a meraviglia quanto fosse precario. Ma almeno, forse, se era vuoto, poteva diventare per quella notte il nostro riparo.

Nessun commento:

Posta un commento