sabato 15 dicembre 2018

Ecofobia

Ci sono parole che rappresentano concetti estremamente noti, ma che non sono altrettanto conosciute. Come dire, so cos'è, ma non so come si chiama.

Ecofobia [e-co-fo-bì-a] s.f. psicol. Paura morbosa di stare soli in casa.

Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.


Per primo, a soffrire di ecofobia nel mio brano, avevo immaginato fosse un bambino. Ma era troppo semplice, troppo scontato, e ormai mi conosci, no? Non scelgo mai la strada troppo facile!


Una persona ragionevole si sarebbe abituata ai pomeriggi in solitudine. A mano a mano che le giornate si accumulavano avrebbe capito che era tutto tranquillo, e che niente di spaventoso le sarebbe accaduto nella propria casa. Una persona ragionevole non sarebbe trasalita a ogni scricchiolio delle imposte toccate dal vento, a ogni cigolio di porta, a ogni lamento delle tubature. Non avrebbe provato soggezione all'udire l'eco dei suoi passi rimbombare dall'alto del soffitto, o il silenzio dove avrebbero dovuto intrecciarsi le voci della sua famiglia.
Ma Alice non era una persona ragionevole. Era poco più che una ragazza, e la sua ecofobia era peggiorata da quando aveva ricevuto, proprio in una di quelle stanze troppo grandi, la notizia che i suoi pomeriggi solitari non sarebbero più terminati.
Era rimasta da sola. La sua famiglia non c'era più.
Alice aveva cercato di sopportare il suo fato. Aveva ridotto il numero di stanze che usava, le aveva riempite di bambole e pupazzi che erano state dei suoi fratelli, aveva passato più tempo dai vicini, li aveva invitati, si era persino fatta regalare un gatto, ma tempo pochi giorni ed era già scappato.
Alla fine della giornata, era a casa sua che Alice tornava. In una casa troppo grande, da sola.
Alice trovò la cura alla sua ecofobia dal droghiere. Era una tranquilla sera d'autunno, con foglie rosse e brune a ricamare il selciato e il blu del crepuscolo che già mordeva il fuoco del tramonto.
Non si vedeva molta gente nuova, in paese. Il giovanotto col completo e gli occhiali da sole che parlava con Nevio doveva essere una creatura di città, sperduto com'era tra i barattoli di vetro e il profumo di peperoncino e chiodi di garofano.
Cercava una stanza,  e tentava inutilmente di spiegare al droghiere, che lo aveva indirizzato all'ostello, che preferiva un alloggio più discreto e confortevole.
Alice non esitò. – Posso ospitarla io, signore. Ho tutte le stanze di cui ha bisogno.
Nei mesi successivi, le comari avrebbero avuto di che sparlare.

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