lunedì 20 dicembre 2021

Come ruote di un ingranaggio.


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di Miguel Á. Padriñán da Pexels


Il cielo era un livido viola e il mare era sopra, sotto, tutto intorno.
Nonostante il mio misero K-way giallo ero bagnata fradicia, zuppa fino al midollo per la pioggia e le onde di traverso che lavavano ponte e pozzetto. Talon era aggrappato con entrambe le braccia alla battagliola di sinistra, vicino a un candelabro, e sembrava sul punto di vomitare fuoribordo. Faticava a tenere le ali strette al corpo, con le raffiche di vento che gli soffiavano addosso senza tregua, e sospettai che per non volare via avesse piantato gli artigli dei piedi lì dove si trovava. Un'altra ferita per la mia Sabrina, ma non avevo tempo di pensarci.
Stranamente, ero calma, lucida, mentre attorno a noi si scatenava il finimondo. Lampi di luce squarciavano il cielo, seguiti dai boati, l'unica luce nell'oscurità e nella pioggia fitta, che riduceva la visibilità a poco più della lunghezza del nostro vascello. Che essendo una barca per navigare in solitaria, non era granché. Nel frattempo, il vento spingeva alla grande, anche senza vele, e cavalcavamo le onde a una velocità impressionante.
Mi fidavo di Sabrina. La mia barca, che portava il nome della mia gemella mai nata, era stata per mesi più che un mezzo di trasporto, era stata la mia casa e la mia unica compagnia. Avevamo affrontato assieme vento teso e bonaccia, certo, non mi ero mai trovata nel bel mezzo di una tempesta come quella, ma Sabrina aveva già dimostrato di saper prendere il vento, di essere resistente e affidabile. Assieme, eravamo una bella squadra.
Mi fidavo molto meno del mio ospite a sorpresa venuto da un altro mondo. Non aveva combinato altro che guai da quando lo avevo accolto a bordo, e anche in quella situazione, la sua presenza sembrava un inutile peso. Finché non cedette una scotta, liberando un angolo di vela che iniziò a sventolare a più non posso. Trattenni il fiato. Era solo un piccolo angolo, ma se anche il resto della vela si fosse liberato e avesse preso il vento, questo vento di burrasca che già senza vele ci faceva galoppare tra le onde, saremmo schizzati a una velocità folle e sarebbe stato difficile allora controllare la nostra direzione. E non avrei mai visto, se non quando era troppo tardi, se sotto il cielo livido e tra le onde agitate davanti a noi c'erano altre navi, o scogli, o la terraferma.
Stavo per lasciare il pozzetto per sistemare la faccenda personalmente, ma Talon, pallido come un cencio, si voltò verso di me, mi fece un cenno e poi avanzò, tenendosi alla battagliola, a cui si aggrappava di più a ogni scossone del ponte.
Non gli avevo detto niente. Non avevo chiesto il suo aiuto. Non ne sapeva quasi nulla di navi, e quel poco che sapeva lo aveva imparato da me. Incassò la testa tra le spalle all'ennesimo scoppio di tuono, vicinissimo, quasi sopra di noi, ma non si fermò.
Dovevo fidarmi.
Mentre tenevo il timone per controllare la nostra direzione, lo vidi raccogliere quel lembo di vela con le mani ad artiglio e serrarla contro l'albero, poi vi chiuse attorno anche le ali. Mi sorrise, la testa appoggiata di lato all'albero, novello Ulisse che ascoltava il canto delle sirene.
La tempesta durò quasi un'ora, ma a noi non parvero che pochi minuti. Al tramonto, il mare e il vento si placarono, mentre la nuvola nera che avevo visto all'orizzonte prima di finirci in mezzo si allontanava verso nord. Eravamo esausti, ma in qualche modo, anche soddisfatti.
– Bel lavoro di squadra – dissi a Talon, nel congratularmi con lui.
Lui mi guardò sbalordito. Forse quel concetto non esisteva nel suo mondo. Non avevo idea di come fosse la società della sua specie, da dove veniva. Non glielo avevo mai chiesto.
Ma sapevo come fargli capire che quel che avevo detto era un complimento. – Come le ruote di un ingranaggio – gli dissi, e il suo volto stanco si illuminò. – Della misura giusta, bene incastrate e bene oliate. Abbiamo fatto le cose per bene, assieme, oggi.
Talon capì, e io sperai in bene per il futuro del nostro viaggio. Ma sperare che un gremlin della Terra del Vapore la smettesse di smontare tutto quello che incontrava per capire come funzionasse e cercare di migliorarlo, purtroppo, era una speranza vana.

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