lunedì 4 aprile 2022

Irritazione umana e fastidio felino


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di Anna Shvets da Pexels


Stefania lo aveva perso di vista un attimo, o quel bel micino carino era sparito dietro un tronco, e l'istante successivo quello che stava guardando era un gattone grande e grosso. Dapprima Stefania pensò che si trattasse di un altro gatto, ma le macchie e le striature sul suo pelo erano simili, e inoltre, non potevano esistere due gatti parlanti, no?
– Sei cresciuto! – esclamò, non sapendo trattenere la sua incredulità.
Il gatto prima guardò giù, verso le zampe in equilibrio sul ramo, poi indietro, verso la punta della coda.
– Eh già. Come passa il tempo! – miagolò con una voce più adulta e corposa.
– Ma se siamo qui da appena qualche ora! – protestò Stefania.
– È comunque tempo già passato – replicò il gatto, e Stefania non ci provò neanche a fargli notare che la gente non cresce così tanto in poche ore, poiché già immaginava che il felino avrebbe risposto qualcosa del tipo che lui non era la gente, era un gatto, e alla fine con la sua logica assurda la spuntava sempre lui.
Tanto più che anche la foresta le sembrava cambiata. Più intricata, più selvaggia, con liane che pendevano in molli drappeggi tra un albero e l'altro, foglie grandi e dalle forme bizzarre, grosse radici e un fitto sottobosco di muschio e arbusti che le intralciavano il passo. Tra i rami, i canti di fringuelli e cinciallegre avevano lasciato il posto a richiami più esotici, dal cianciare dei pappagalli al gracchiare dei tucani, e più in basso gracidavano miriadi di rane. In lontananza, Stefania sentiva il gorgoglio di un fiume, uno di quei rivi che pareva di montagna, interrotto da mille cascatelle.
Più che una foresta, quella era una giungla.
Stefania si fermò, si voltò verso il gatto che si dondolava su un'altalena di liane, e gli chiese: – Dove stiamo andando?
Ma il gatto era troppo concentrato sulla sua meta per risponderle subito. Adocchiato un ramo dall'aspetto contorto e malaticcio di fronte a sé, continuava a spingere più in alto l'altalena con dondolii del fondoschiena e della coda, finché non fu soddisfatto dell'altezza di quel trampolino. Allora prese bene le misure, attese l'istante giusto, spiccò il salto, e... atterrò ai piedi di Stefania.
– Ah, non importa – si disse, con una scrollata delle orecchie. – Tanto non mi avrebbe retto comunque.
Stefania sbuffò, si sedette sui talloni e chiese di nuovo, in tono insofferente: – Dove. Stiamo. Andando?
– Ah, non lo so – rispose placido il gatto. – Io seguivo te.
Stefania scattò in piedi, si mise le mani nei capelli e sbottò: – Cosa? Ma... ma io mi perdo sempre! Lo sanno tutti che mi perdo sempre, solo un matto seguirebbe me, come hai potuto...
– Calma, calma, rallenta un attimo – disse il gatto, accovacciandosi sulle zampe posteriori e alzandone una di quelle davanti. – Prima di tutto, chi lo dice?
Stefania lo fissò sbigottita. – Tutti! – ribadì. – Mio fratello, e i suoi amici, e... e anche io...
La voce di Stefania si spense in un mormorio mentre il gatto scuoteva il muso. – E tu ci hai creduto. Ma ti è mai passato per la testa che forse il motivo per cui ti perdi è che già in partenza non sai dove vuoi andare? Se non hai scelto una destinazione, è ovvio che non ci arriverai.
– No, io... è tutto il contrario, io so dove devo andare, il problema è che invece di arrivare lì, finisco da tutt'altra parte.
– Ah, sì, ecco dov'è il problema – fece il gatto. – Dovere e volere sono due cose ben diverse. Appunto, come dicevo, tu non vuoi...
Il gatto non proseguì. Una goccia gli aveva colpito il muso, proprio lì in mezzo agli occhi. Stefania non avrebbe mai pensato che esistesse qualcosa in grado di zittirlo.
Alla prima goccia ne seguì una seconda, e una terza, e un'altra ancora, e in breve fu il diluvio.
Non c'era alcun luogo dove rifugiarsi, eppure il gatto cercava lo stesso, inutilmente, di infilarsi sotto le radici e nelle crepe dei tronchi, miagolando ferocemente in segno di protesta.
Stefania era già zuppa quando adocchiò una enorme foglia abbastanza rigida da farle da ombrello. Le ci volle un po' per staccare alla base il lungo gambo, che poi strinse forte tenendo la foglia sopra la testa, mentre tremava dalla testa ai piedi. L'aria si era fatta più fresca, o forse era la maglietta bagnata e appiccicata addosso che le dava l'impressione che fosse freddo. La terra impregnata stava mutando in fanghiglia, e sprigionava un odore frizzante di pioggia. Il gatto parlante continuava a correre da una parte all'altra, le zampe sporche e il pelo fradicio, in cerca di un rifugio asciutto.
– Ma dai, è solo un po' di pioggia... – lo schernì Stefania.
– Un po' di pioggia? Un po' di pioggia? – sbottò il felino, finendo col fermarsi ai piedi di Stefania, sotto la foglia ombrello che però a livello del terreno non riparava un granché. – Ma ti rendi conto che io sono un gatto?
– Sì, e allora? – Tutta l'irritazione provata da Stefania poco prima, quando il gatto aveva rigirato il coltello nella piaga del suo punto debole, l'orientamento, era scomparsa. Al suo posto restava solo il divertimento per le peripezie del felino, che sembrava provare fin troppo fastidio per un nonnulla.
– Allora, i gatti odiano l'acqua.
– Perché? – incalzò Stefania. Questa cosa non l'aveva mai capita. Perché i cani adoravano tuffarsi in acqua, e i gatti invece no? Non aveva senso. Persino ai canarini piaceva fare il bagno.
Il gatto si limitò a fissarla con una espressione ostile. Stefania gli sorrise, mentre tutt'attorno la pioggia rimbalzava sulle foglie e scivolava lungo i tronchi.
– Be', visto che già ti stai lavando... – disse Stefania. Si guardò attorno, e scorto un fiore rosa pallido a forma di campanula a portata di mano, lo colse, e si abbassò a sistemarlo sulla testa del felino dall'umore seccato e dal pelo umido. – Ecco qui. Non avevo una cuffietta da doccia, ma questo ci si avvicina abbastanza.
Il gatto ridusse gli occhi a una fessura e soffiò un miagolio minaccioso. – Lo dirò solo una volta, umana. Toglilo.
Dopodiché snudò gli artigli e attese che Stefania prendesse la decisione giusta.

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