lunedì 18 aprile 2022

Non posso


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di Omar Alasali da Pexels


– Io... io non posso – ti sento dire mentre fissi le fiamme che rischiarano il nostro misero accampamento, se così si può chiamare una tendina montabile grande a malapena per starci sdraiati in due. In un primo momento non dico nulla, e tendo le mani al calore del fuocherello con cui abbiamo scaldato la cena, cibo in scatola tanto per cambiare, e che tiene a bada il caos che si affolla appena al di fuori del cerchio di luce.
Non lo credevo possibile, ma di notte la giungla è ancora più rumorosa che di giorno. La prima notte non ero neanche riuscita a dormire da quanto baccano facevano quelle bestie, ma ormai ci ho fatto l'abitudine.
– Davvero, non posso. Sono stanco. – Ti passi la mano sugli occhi e prosegui, senza guardarmi. – A volte mi chiedo se non è meglio che mi arrenda. Se non è meglio tornare indietro, andare incontro a... a quella cosa, al mostro. Che senso ha? Nessuno della mia famiglia è mai riuscito a...
– Non dirlo nemmeno! – sbotto, interrompendoti. – Non provarci.
Alzi gli occhi, allarmato dalla rabbia nella mia voce. Oh, no, non mi hai mai visto arrabbiata davvero. Questa è solo irritazione per le parole di uno sciocco pusillanime.
– Non ho perso tanto tempo perché tu dica "basta così, mi arrendo" – proseguo, sovrastando con la voce la cacofonia selvaggia dei richiami bestiali che ci circondano. – Non ho speso i miei soldi, né rischiato la vita facendo domande a gente poco raccomandabile solo per sentirti dire che tu sei stanco. Stanco di cosa, poi? Prendi un coltello e piantatelo nel cuore se sei tanto stanco.
Ti do uno spintone con entrambe le mani e mi alzo. A braccia conserte, girata di schiena, fisso l'oscurità frusciante di foglie, rami smossi dai salti delle scimmie e chissà cos'altro. Ti sento sospirare.
– Non ti ho chiesto io di aiutarmi – mormori, in tono sommesso. – Lo sai, la maledizione della mia famiglia non dà scampo. Solo... non voglio che ci rimetta anche tu.
Scuoto la testa. Forse sono stata troppo dura con te. È solo che arrendersi non è parte del mio vocabolario, non lo è mai stato. E i "non posso" io li ho sempre trasformati in "ci riuscirò".
– Senti... – mi volto, e torno a sedermi accanto a te, al calore del fuoco che tiene a bada la notte e le creature spaventose che la abitano. – Lo so, non è facile. Ma abbiamo una pista, una speranza. Questa leggenda... è quello di cui abbiamo bisogno.
– Una leggenda – ti sento ripetere, incredulo.
– Ti ricordo che stai scappando da una maledizione. Da un mostro mitologico che ti perseguita. Non dirmi che non credi alla storia della dea distruttrice di mostri che vive da millenni in un tempio sperduto nel cuore della giungla...
Stai ridendo. Finalmente. Erano mesi che non ti sentivo più ridere.
– E ora ripeti con me: io posso... io sono più forte dei mostri... io spezzerò questa maledizione. Ci riuscirò.
– Io... io posso – mugoli, senza troppo entusiasmo. È un inizio, ma dobbiamo ancora lavorarci su. – Io sono... sono più forte dei... ehi, cos'è stato?
Ti giri, occhi sbarrati che frugano la notte. Sbuffando, prendo uno dei rami che spuntano dal piccolo falò, lambito dalle fiamme da un lato ma ancora intatto dall'altro, e lo sollevo come una torcia. Mi alzo, e faccio qualche passo nella direzione verso la quale stai guardando atterrito. Nulla. Niente al di fuori dell'ordinario trambusto di una giungla qualunque.
– Abbiamo già abbastanza rogne con quelli reali – ti dico, ritornando al fuoco dove getto la mia torcia improvvisata. – Non creare mostri anche dove non ce ne sono.

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