giovedì 28 aprile 2022

Un mondo in frantumi


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Foto di Laker da Pexels


Frammenti di corallo e conchiglie giacciono sul pavimento della grotta, rischiarati a malapena dai raggi del sole che filtra al di sopra delle onde, dall'ingresso semiallagato alle mie spalle. Tento di ricomporli, ma invano. Sembra sempre che manchi un pezzo, eppure io sono certa di averli raccolti tutti. È come se una parte del mio mondo fosse all'improvviso svanita.
È tutto inutile, in ogni caso. Per quanto sforzi la mia bella voce a pronunciare parole di guarigione come "risanati", "riparati", o "aggiustati", ciò che dico non accade più all'istante come avveniva un tempo. La distruzione che una parola incauta ha portato nel mio mondo deve aver toccato anche me. Ho forse perso il mio potere?
No, non posso credere che mia voce di sirena che plasmava la realtà con il suo canto, che ha creato il mare dove nuoto libera e le isole con le loro incantevoli grotte e le spiagge e i pesci e le alghe e gli alberi e gli uccelli e il cielo e il sole e qualunque altra cosa il mio cuore reputasse degna di esistere... non posso credere che sia perduta per sempre. Al solo pensiero avrei versato lacrime, se mi fosse stato possibile. Ma qui, nel mio mondo, non ho mai pronunciato la parola "pianto".
Le onde lambiscono i confini tra la superficie asciutta della grotta e la pozza profonda in cui sono immersa. Appoggio un braccio e il viso di lato sulla roccia e mentre scruto le conchiglie e i coralli rotti, chiedendomi cosa posso fare per evitare che la distruzione si propaghi, lascio che la mia coda di argentee squame ondeggi al ritmo della risacca, e che lente gocce di stalattite mi piovano sui capelli bagnati.
Sospiro, è tutto ciò che posso fare per esprimere un sentimento a cui non ho mai dato un nome.
E poi lo sento. Il colpevole di tutto questo è qua, è riuscito a trovarmi perfino nella più recondita e segreta delle mie magiche isole.
Piedi nudi, veste bianca, una pietra blu sulla cintura, più blu del mare. Zaffiro, pietra da maghi.
Colui che mi ha indotto con l'inganno a pronunciare una parola proibita.
Se ne sta appollaiato su una stretta striscia di pietra rasente alla parete della grotta. Così, accosciato, mi tende un braccio, e nella mano un frammento bianco, un altro pezzo del mio mondo in frantumi.
Alzo di scatto la testa e mi allontano da lui con un guizzo della coda.
– Cocco – pronuncia lui, Shinji il distruttore. – Scommetto che non lo hai mai assaggiato.
Non mi fido, e gli resto lontana. Non mi fido nemmeno di me stessa, perciò non dico nulla. Se la mia voce ha ancora un po' dell'antico potere, non devo cadere nei suoi tranelli.
Lui fa spallucce, e si ficca in bocca il frammento bianco, e mastica. Ne ha ancora nell'altra mano. – Vedi, non è velenoso. Ma questo già lo sai, non hai mai detto "veleno" da quando sei qui, vero?
Shinji si siede sul bordo della roccia e tuffa i piedi nell'acqua. – E va bene, niente scommesse. Io vincerei. – Sogghigna, quel demonio travestito da essere umano, mentre ancora stacca e assapora frammenti del frutto bianco. – So per certo che non lo hai mai assaggiato: non puoi mangiare il cocco se prima non lo rompi.
Potrei andarmene, nuotare lontano, smettere di ascoltarlo. Eppure non lo faccio. I ruoli sono ribaltati, è lui la sirena dalla voce melliflua che incanta me.
– Tu dai la colpa a me di quello che è accaduto. Ma io non ho potere qui, questo è il tuo mondo. Il tuo piccolo giocattolo perfetto, la tua prigione.
Distolgo gli occhi e stringo le labbra. Non devo parlare. Non devo parlare.
Ma così sono muta. Così, la mia voce è davvero perduta.
E io ho creato questo mondo per avere una voce.
Shinji mi tende le mani colme di frammenti bianchi. – No? – chiede, nell'offrirmi ancora quel frutto sconosciuto. Lui ha ragione, non ho mai visto com'è fatto dentro. – Non saprai mai che cos'altro ti perdi, finché rimani qui. Hai voluto un luogo dove nulla di brutto può accadere. E ti ci sei rinchiusa. Ma non sei libera, non lo sarai finché non permetterai a te stessa di dire tutto ciò che senti.
Shinji attende con le braccia tese, e io avverto che sto per cedere, che le mie labbra si schiudono. È convincente, così com'era stato sulla spiaggia, al nostro primo incontro.
– Rompi il tuo guscio, Gaea – mi sprona lui, indovinando di essere prossimo alla vittoria. – Liberati da questa illusione.

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