lunedì 16 maggio 2022

La lettera mai scritta


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero


Cara sorella, e così, alla fine, sei venuta. Sei qui, a Mediaterram, proprio dove non saresti mai voluta andare. Non dopo quello che è successo il mese scorso.

Sospirai, cacciai quelle parole dalla mia testa e mi guardai attorno. La sala dal perimetro pressoché circolare era scarsamente illuminata dalle fiamme scoppiettanti del caminetto, da una serie di candele al centro del tavolo e da altre sopra la mia testa, su un lampadario di metallo brunito. Quel poco di luce che filtrava dalle vetrate alte e strette aveva una sfumatura azzurrina, e il tamburellare della pioggia sulle finestre continuava a distrarmi. C'era troppo rumore in quelle stanze del sapere, per me che ero abituata al candore asettico e muto del centro raccolta dati.

Va bene, mi dispiace di non essere qui con te, ma... dai, non fare quella faccia schifata, non puoi negare che Mediaterram non abbia un certo fascino. È come fare un viaggio nel tempo. In quale altro posto del mondo puoi dire di sperimentare in prima persona la vita di secoli fa?
E no, non dire che ci sono le simulazioni nel commlink, per quanto dettagliate non sono come la realtà.


– La realtà è molto peggio – mormorai nel rispondere a quelle parole con un sorriso malinconico.
– Giiiiàààà, Gaaaardy! – fece un uomo allampanato con un ciuffo verde e arancio in testa, che si innalzava sopra un cranio per metà rasato per poi ricadere sul lato destro, lì dove i riccioli biondi si attorcigliavano in spirali dalle punte azzurrine. Mi si affiancò con passo molleggiato e sollevò sulla fronte la copia, rigorosamente priva di tecnologia, dei suoi occhiali a iperrealtà. Era solo un inutile scheletro, la montatura e basta, eppure lui aveva preferito tenersela addosso. – Molto peggio di come te lo descrivono le brochure informative via commlink. La temperatura non è nel range ottimale. L'illuminazione va riconsiderata per essere funzionale alle nostre esigenze. I pacchetti di dati non sono chiaramente identificabili. – L'uomo, abbigliato in abiti troppo larghi e male assortiti, indicò gli scaffali colmi di libri sistemati in nicchie nelle pareti, tra una finestra e l'altra. – Esiste almeno un indice di ricerca?

Non riesco a credere che tu ti sia portata dietro Zed Ter. Non lo sopportavi quando stavamo assieme. Ti ha persino spaventato quella volta che se n'è venuto fuori con la sua assurda teoria sul killer del cinema. Quella che a uccidere non sarebbe una persona, ma un programma difettoso. Non ci avrai creduto, vero? Io non ci credevo.
Zed Ter, insomma, è bravo nel suo lavoro, ma certe idee sono un po' troppo estreme persino per uno fuori da tutti gli schemi come lui. Forse quella volta non avrebbe dovuto parlartene.
Mi è dispiaciuto quando hai smesso di venire al cinema con me.


– Mettiamoci al lavoro – gli dissi, per evitare di pensare al motivo che mi aveva indotto a recarmi fin lì. La questione fondamentale, la domanda alla quale cercavo risposta. Potevo pormela in forma astratta, come un enigma o un rebus, ma se la accostavo a mia sorella Dalia ero certa che non sarei riuscita a ricacciare indietro le lacrime.
Senza aggiungere altro Zed si diresse agli scaffali di sinistra, tra le finestre da cui si avvertiva ancora il forte tamburellare della pioggia, mentre io mi recai agli scaffali di destra, sotto la scala di pietra. C'era un intero secondo piano di scaffali, a cui si accedeva tramite la scalinata e una passerella larga a malapena un metro, prive di corrimano o balaustra. Non avevano proprio idea di che cosa fossero le norme di sicurezza, a Mediaterram.
Sperai di trovare quello che cercavamo tra i volumi sugli scaffali in basso, perché non avevo affatto voglia di arrampicarmi lassù.

Non puoi vivere solo di quello che è sicuro. Non puoi vivere senza correre qualche rischio, senza fare qualcosa di nuovo, azzardato, spaventoso. Non puoi vivere senza provare.
Altrimenti, come saprai quello che puoi riuscire a fare?
Non penso che tu abbia mai capito questo di me, sorella, almeno... non fino a oggi.
Sono felice che tu sia qui a Mediaterram per me. Che tu sia qui grazie a me.


– Trovato qualcosa? – chiese Zed, che già stava tornando al tavolo con una pila di libri. Lessi qualche titolo, ma dalla mia parte a quanto pareva c'erano solo manuali tecnici su invenzioni meccaniche dell'era previrtuale. Troppo avanzati per lo stile di vita di Mediaterram, non abbastanza per noi. Come tutti gli altri libri ritenuti inutili, invece di venire gettati via erano stati accantonati nell'area abbandonata della biblioteca, il che per noi era una fortuna.
Zed non era riuscito a provare la sua teoria con le informazioni a sua disposizione nel centro raccolta dati. Al punto in cui eravamo arrivati la programmazione di base non veniva nemmeno più effettuata da una fallibile mente umana, ma da un programma generatore perfetto e infallibile creato a sua volta da altri programmi.
Gli esseri umani intervenivano solo per adattare l'interfaccia ai gusti e alle esigenze degli utenti. Non sapevano quasi nulla di quello che si celava sotto la superficie. Non serviva: tutto era sempre filato liscio.
Ci si poteva fidare che un programma facesse esattamente quello per cui era stato creato. Gli esseri umani erano complicati, imprevedibili. I programmi no.

Spero tanto che tu e Zed Ter possiate trovare quello che cercate. Che in quei vecchi libri polverosi dalle pagine ingiallite si celi la risposta che tutto il mondo sta cercando. Sarebbe bello se le persone potessero tornare al cinema senza paura.
Inoltre... be', non pensare che sia un po' egocentrica adesso, ma sapere che quella risposta voi l'avete trovata per merito mio almeno un po' mi riempie d'orgoglio. Vorrebbe dire che quello che è successo non è successo invano. Che il mio essere lì, su quel volo diretto a Mediaterram, con quei caschi commlink sui quali è stato proiettato proprio quel film ha avuto un senso.
E che quello che è accaduto a me non accadrà più a nessuno.


Zed Ter mi fissò. Ero seduta al tavolo, di fronte a lui, ma non mi ricordavo di aver camminato fino al centro della sala né di essermi seduta.
Mi era capitato fin troppo spesso, negli ultimi tempi, di immaginare le lettere che mia sorella non poteva più scrivermi. Era con una lettera che mi aveva salutato prima di partire, e avevo riletto le sue ultime parole così tante volte da conoscerle a memoria. Era naturale che nel cercare un impossibile contatto con lei io non immaginassi di sentire la sua voce, bensì di leggere le sue parole.
Abbassai gli occhi e allungai una mano a trascinare verso di me un libro. Davanti a me trovai una vecchia penna stilografica e una pila di fogli su cui prendere appunti, probabilmente sistemati sul tavolo dai custodi che avevano aperto e illuminato quell'ala della biblioteca appositamente per noi.
Mi venne in mente che non ero certa di saperli usare. Le lettere virtuali via commlink si scrivevano da sole, bastava il pensiero.
A Mediaterram tutto era più lento, più faticoso, ma anche... più gratificante. Sì, riuscivo ad afferrare il suo fascino, capire perché in tanti preferissero vivere nel continente più arretrato della Terra invece di accogliere il progresso, le comodità e le distrazioni di un mondo moderno, rapido e volatile.
Iniziai a sfogliare il libro.

Se ci riesci, se trovi la risposta che cerchi, per favore... fai una cosa per me. Manda una mia virtuacopia che fa il segno della vittoria ad Aron Venedig e a tutti quelli che mi conoscevano a malapena ma che pensavano di conoscermi, con la scritta "Io ho contribuito a fermare il killer del cinema, e tu cos'hai fatto di buono nella tua vita?"
Ah, quanto sarebbe bello vederli diventare paonazzi dalla vergogna! Sarebbe proprio un bello scherzo, non credi?
Ma ora ti lascio alla tua ricerca, non voglio più distrarti, hai bisogno di concentrazione, lo so!
Ti ho voluto bene, non dimenticarlo mai. Lo so che tu continui a volermene, anche se non ci sono più.
Grazie per tutto quanto. Addio.
La tua adorata sorella
Dalia Fleur

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