giovedì 25 agosto 2022

La mercante delle necessità


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Foto di Marek Piwnicki da Pexels


Metronas di notte è un labirinto di grigi palazzi e di neon scintillanti, di larghe strade sopra le quali sfrecciano le autojet e di oscuri vicoli in cui si radunano le Aberrazioni più pericolose della città, pronte a tagliare la gola o anche a fare di peggio a chiunque osi mettere il naso nei loro affari. Così mi era stato detto, e mi era stato detto inoltre che a Metronas tutto è in vendita, persino i desideri.
Io lo sapevo bene, perché avevo venduto la mia libertà, o meglio, un anno della mia vita, in cambio di una speranza per mio fratello; e anche quando quella speranza era sfumata, avevo comunque dovuto pagare il prezzo.
Alla fine di quell'anno, quando il clan di elfi che possedeva la parte migliore della città non poté più pretendere legalmente che restassi confinato nel loro laboratorio a fare da cavia, prima di tornare da Kàli, da mio fratello e dai nostri amici nella Riserva della Pianura, volli scoprire se quello che mi era stato detto su Metronas era vero. Non il suo aspetto, che avevo già potuto osservare dalle vetrate del mio alloggio, un appartamento che definire regale era dir poco. Uno sfoggio di lusso completo di tutti i migliori gadget tecnologici che il ventiquattresimo secolo poteva offrire, un'allettante trappola costruita per indurmi a prolungare volontariamente la mia permanenza tra le grinfie di quegli infidi orecchie a punta, sapendo che ad attendermi alla Riserva c'era tutt'al più una tenda e il minimo indispensabile di tecnologia obsoleta. Ma tutto il lusso del mondo non mi avrebbe fatto restare un giorno di più, e non importava quanto gli elfi si sforzassero di compiacermi: dissi loro addio senza rimpianti, e camminai per le strade di Metronas per la prima volta da solo dopo mesi. Non avrei più rivisto quella specie di troll che mi accompagnava ai rari appuntamenti che mi avevano concesso con Kàli, sempre in ristoranti esclusivi o in locali riservati all'élite, e che sospettavo mi avessero messo alle calcagna più per assicurarsi che non scappassi che per farmi da guardia del corpo.
Ad ogni modo, non era per provare la famigerata nomea dei vicoli di Metronas che mi ero messo in cammino, e dunque non mi serviva affatto, o almeno così supponevo, il brutto e alquanto massiccio angelo custode che mi aveva tenuto d'occhio nell'ultimo anno.
Quello che volevo vedere era il quartiere dei mercanti.
Avevo studiato le mappe olografiche e sapevo che vi era più di una zona in città adibita ai negozi, ma nessuna era grande come il quartiere dei mercanti. E anche se quelle mappe le avevo dovute lasciare nel mio ormai ex appartamento, non era tanto difficile da trovare. Bastava seguire il rombo delle autojet e le scie delle motojet e le frecce intermittenti dei neon che attiravano fin da lontano i possibili clienti fin nelle tane dei famelici lupi. E lo intendo in senso metaforico, anche se alcuni dei negozianti sono davvero licantropi. Ma questo è un altro discorso.
Vagai tra le botteghe e le bancarelle per ore, trovando merce di ogni tipo. C'era chi vendeva impianti cibernetici di contrabbando e sciamani che mettevano a disposizione a pagamento i propri incantesimi, chi cedeva ricordi e conoscenze tramite connessione corticale o collegamento wireless dei rispettivi nanobot e ciarlatani che promettevano di aiutarti cambiare la tua variante umana.
Se fosse stato possibile, probabilmente a questo punto Metronas sarebbe stata piena di Changeling, un'Aberrazione in grado di assumere la forma di altre varianti umane che si credeva estinta, almeno in questo secolo, prima che arrivassimo io e mio fratello. Se fosse stato possibile, io e mio fratello saremmo tornati dei comuni esseri umani di corsa, perché la gente non pensa mai agli svantaggi della nostra situazione.
Mi stavo quasi per dare per vinto quando vidi un negozio dall'ingresso angusto, senza vetrine, con un'insegna scolorita sormontata da un neon che sfarfallava e sfrigolava. L'insegna recava la scritta "Bottega dei desideri esauditi".
Entrai.
Oltrepassai una tendina di perline che era già pacchiana nel secolo da cui provenivo io, figuriamoci qui, nel lontano futuro. L'interno, però, sembrava decisamente migliore rispetto all'esterno. File di scaffali ordinati riempiti di boccette contenenti liquidi o fumi variopinti, un bancone, e un salottino con divanetti a fiori e un basso tavolino di vetro nell'angolo in fondo. Il tutto illuminato da svariate candele sparse per la stanza o infilate in candelabri alle pareti.
Da una porta che non avevo notato mi venne incontro una donna, scarsamente vestita con qualche brandello di stoffa e le stesse file di perline che formavano la tenda all'ingresso. La sua pelle pareva di plastica, lei stessa sembrava quasi un manichino e come tale l'avrei scambiata non fosse stato per la fluidità dei suoi passi e la nebbiolina rossastra che le danzava sulle braccia. Una sciamana, dovevo immaginarlo dall'assenza di illuminazione moderna e di qualunque altra forma di tecnologia.
Mi schiarii la voce e chiesi: – È questa la bottega dei desideri...
– Non commercio in desideri – m'interruppe la donna in tono stizzito. – I desideri sono deboli, effimeri, volatili. Io preferisco i bisogni, le necessità.
– Ma allora l'insegna...
– È del precedente proprietario – La donna batté un piede a terra. – E sono così stufa di doverlo ripetere che ormai penso che la cambierò, quell'insegna. Il mese prossimo. Forse.
La fissai inebetito. Un'espressione assai poco adatta alle sembianze che avevo assunto per vagare senza problemi tra le vie di Metronas, quelle di un elfo, tra le varianti umane più comuni e anche piuttosto rispettate in questa parte della città, ma gli elfi sono solitamente conosciuti oltre che per le orecchie a punta, per la loro intelligenza superiore.
– Oh, che vuoi, cocco, attira i clienti. Saresti mai entrato nella "Bottega dei bisogni soddisfatti"?
Repressi una risata. – No, non credo.
La donna indicò il salottino. – Vieni, sediamoci. Sono sicura di poter individuare la necessità che solletica il tuo palato. Forse il bisogno di primeggiare? No... tu vorresti avere necessità di riposo? Si dice che quelli come te nemmeno dormano...
– È una leggenda urbana – replicai senza accennare a muovermi. – Ma io non ho mai detto di essere un cliente.
La bottega non era ciò che cercavo, e allo stesso tempo aveva già soddisfatto i residui di curiosità che ancora avevo. Era vero, a Metronas tutto era in vendita. Avrei potuto andarmene a quel punto, ma si stava così bene in quell'angolo di pace, tagliato fuori dal traffico e dal vociare della gente che si udiva attutito attraverso la tendina di perle.
La mercante di necessità socchiuse gli occhi e si fregò le mani. – Capisco, capisco. Allora hai una necessità di cui desideri disfarti.
Le sue parole mi fecero immediatamente pensare al bisogno di respirare il mana presente nell'aria del ventiquattresimo secolo, necessità che impediva a me e a mio fratello di tornare a casa, nel nostro tempo, là dove l'atmosfera ne era quasi del tutto priva.
– È possibile...? – chiesi, senza preoccuparmi di celare il mio interesse.
– Ma certo, ma certo. – La donna prese con delicatezza una boccetta tra le più grandi, che conteneva un liquido rosso. – La vedi questa? È la fame, un bisogno molto, molto potente. L'ho acquisita da un'Aberrazione che desiderava dimagrire, e da allora quella persona non ha più patito la fame.
– Vuoi dire che da allora, l'Aberrazione non ha più dovuto mangiare?
Sembrava troppo bello. Ecco lì, trovata per caso, la soluzione, la risposta a tutti i nostri problemi. Jake e io saremmo stati liberi di scegliere in quale tempo vivere.
Ma la mercante delle necessità rise, spezzando sul nascere le mie belle speranze. – Ma no, sciocchino! Certo che deve ricordarsi di mangiare qualcosa ogni tanto, se vuole continuare a vivere! Ma non sentendone più la necessità, può raggiungere senza sforzi il peso che desidera. Perché, se è presente, la necessità vince sempre sul desiderio, te l'ho detto: è più potente.
Non sarebbe cambiato nulla. Senza mana, saremmo comunque morti. Solo che non ci saremmo accorti di essere in pericolo.
Ringraziai la sciamana e con una scusa lasciai la sua curiosa bottega. Forse no, non era vero: non tutto era in vendita a Metronas. Il futuro che volevamo io e mio fratello, tutto ciò che avevamo perso venendo qui e diventando dei Changeling, di certo non lo si poteva trovare in un banco dei pegni.

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