lunedì 29 agosto 2022

Doppio agguato


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Foto di cottonbro da Pexels


Il posto dove Hashum il Lupo mi portò per il nostro primo incarico era anche peggiore del Ritrovo del Ranger, il locale retrò dove l'avevo trovato. Questo aveva in tutto e per tutto l'aspetto di un saloon da film western, dalle porte a ventola sagomate, alla scala che portava al soppalco al primo piano che correva lungo tre pareti, al pianista che suonava nell'angolo in fondo. Dalla balaustra del soppalco si affacciavano sulla sala sottostante signorine in abiti d'epoca provocanti, che di tanto in tanto scendevano le scale come consumate attrici e cercavano di adescare uno degli avventori al bancone, o il vincitore della partita a poker nel tavolo d'angolo. Una di loro era venuta anche per Hashum il Lupo, una nuova senza alcuna ombra di dubbio, poiché una collega più navigata l'aveva poi presa sottobraccio e dirottata verso un gruppetto che scommetteva ai dadi, e dove i soldi cambiavano padrone a ogni grido di giubilo o sconfitta. Hashum il Lupo non aveva certo l'aspetto di uno che navigasse nell'oro, sebbene facesse il Bollatore, uno dei mestieri più remunerativi di Essensis. Ma quella signorina, e la sua compare, non poteva saperlo, dato che sarebbe stato impossibile entrare nel Saloon con le insegne da Bollatore in bella vista. Eravamo lì in incognito.
Hashum aveva perfino cercato di convincermi a rinunciare alla tinta azzurra dei miei capelli, fin troppo riconoscibili, ma io non ne avevo voluto sapere. Così mi aveva avvolto la chioma in un fazzoletto e calcato un cappello da cow-boy in testa, e tra quello e i pantaloni di foggia maschile che mi stavano larghi parevo un ragazzino che avesse preso in prestito i vestiti del padre, mentre Hashum, nel suo soprabito consunto che evidenziava la sua magrezza, faceva la figura di un vagabondo. Quando ci eravamo seduti al bancone, al vederci così male in arnese, il barista ci aveva offerto da bere del whisky scadente, e io ci ero rimasta piuttosto male quando Hashum aveva requisìto entrambi i bicchieri per sé.
Non era il maestro che avrei scelto, se avessi potuto. Ma era l'unico che potevo ricattare con i sensi di colpa e una vecchia promessa fatta a mia madre. Perciò ero lì, al Saloon, con Hashum il Lupo.
Nel chiacchiericcio che animava il locale tra le note del pianoforte era difficile distinguere un bisbiglio, ma Hashum aveva un modo tutto suo di sussurrare da un angolo della bocca senza quasi muovere le labbra, che restandogli accanto avrei udito anche nel bel mezzo di un'esplosione.
– La prima parte del nostro lavoro consiste nell'osservare. – Hashum accennò allo specchio dietro il bancone. Dalla nostra angolazione, potevo vedere un uomo ben vestito dai lineamenti duri e lo sguardo furbo, che sedeva a un tavolo con una bionda che dall'abito che indossava e dai suoi atteggiamenti era chiaramente una lavoratrice del Saloon. – Cerca chi può condurti dalla tua preda, studia posti come questo.
– Mh-mh – mormorai, e mentre era distratto cercai di agguantare uno dei due bicchieri che aveva davanti, ma Hashum spostò il braccio a bloccarmi e l'agguato non mi riuscì.
– Concentrati – mi rimproverò Hashum.
Sospirai e rivolsi lo sguardo allo specchio, distogliendolo di tanto in tanto perché non fosse troppo ovvio, mentre Hashum e io conversavamo con il barista e con i nostri vicini al bancone di tutto e di niente. Da quel che potevo vedere, l'uomo che stavamo puntando aveva l'atteggiamento cauto di chi aveva qualche affare losco per le mani, ma anche tutto il tempo per cedere alle lusinghe della donna, offrirle da bere e restare in sua compagnia. Aveva rifiutato però l'invito di salire di sopra in camera con lei. Per ben due volte.
Alla seconda, Hashum sbuffò. La bionda si volse verso di noi e gli fece un cenno, un segnale appena percettibile, mentre il suo accompagnatore era impegnato a versarle da bere.
– Avevo sperato di parlargli in privato, senza sollevare un polverone – mi sussurrò Hashum nel suo modo, mentre si voltava piano piano sullo sgabello come per rivolgere un'occhiata indolente alla sala. – Ma a volte devi essere pronta a cambiare i tuoi piani e a improvvisare.
Hashum posò un piede a terra, e all'istante le sue movenze accelerarono. In un attimo si lanciò contro l'uomo seduto al tavolo, lo sollevò di peso e lo sbatté contro la parete. La bionda fu altrettanto lesta a dileguarsi, e il cicaleccio degli avventori si interruppe.
– Noi due dobbiamo fare due chiacchiere – gli disse Hashum.
– Se è per parlare di Stoke, potevi risparmiarti di tendermi un agguato, Bollatore – sibilò l'uomo, attirando immediatamente sul mio maestro e su di me le attenzioni di altri loschi scagnozzi. – Non lo vedo da mesi. Il tizio sa di essere finito in lista nera. Ormai è bruciato, e nessuno sano di mente farebbe affari con lui.
Hashum allentò la presa, ma non lo lasciò andare. Stava per fargli una domanda, quando vidi qualcuno sporgersi da dietro le scale, con un'arma puntata contro di lui.
– Hash! – gridai per avvertirlo. Non ebbi il tempo di agire, ma non ce n'era bisogno. Rapido come il vento, Hashum lanciò uno dei suoi coltelli elettromagnetici, che centrò la canna della pistola laser dell'uomo in agguato. L'istante successivo, una scarica elettrica lo convinse a gettarla a terra.
Mi riunii a Hashum, e gli feci notare, con rammarico, che nella concitazione l'uomo dallo sguardo furbo si era dileguato.
– Non importa – mi disse Hashum, mentre già si affrettava a bloccare il suo aggressore, e io recuperavo il coltello elettromagnetico scarico e ormai sicuro da toccare. – Quello non sapeva niente per davvero. Questo invece... – Con un sorriso furbo, Hashum lo strattonò per condurlo fuori dal Saloon, mentre alle nostre spalle la vita e i divertimenti tipici del locale ricominciavano come se nulla fosse accaduto. – ...ci dirà tutto ciò che vogliamo sapere.
Ricambiai il suo sorriso: forse, dopotutto, non avevo scelto male il mio maestro.

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