giovedì 8 settembre 2022

Collera e piume


Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero
Foto di Andrea Piacquadio da Pexels


Il vento si levò impetuoso, sollevando granelli di sabbia che ci avvolsero in ruvidi turbinii. Fu come se avessimo risvegliato un'antica divinità sopita, la cui collera ora ci colpiva e schiaffeggiava sotto forma di raffiche roventi. Ma non era un dio a gettare il deserto stesso contro di noi. Erano le possenti ali di un intero stormo della più feroce e pericolosa creatura che si fosse mai vista nel deserto di Atacatela: il mortale Cobra-Teschio volante. Le loro penne taglienti, i loro becchi schioccanti, le loro zampe munite di quattro affilatissimi artigli erano in procinto di farci a pezzi, e tutto ciò perché avevamo avuto l'ardire di scimmiottare la loro elegante livrea. Ahi, non sapevamo purtroppo che avremmo patito un simile affanno per lavare via l'onta di quell'affronto...
– Ok, ok, basta così con il melodramma! – urlai per farmi sentire al di sopra dell'ululato del vento. – Sono solo degli enormi pappagalli!
Dall'alto, udii diverse voci ripetere le mie parole. Pappagalli, appunto. Non sapevano far altro che ripetere.
– Una dozzina di enormi pappagalli – mi corresse Robert, sputacchiando la sabbia che gli era entrata in bocca. – Almeno. Non li ho contati.
Gli afferrai la mano. La visibilità cominciava a essere scarsa, e l'ultima cosa che volevo era perdermi nella tormenta di sabbia. Il vento ci strappò via a poco a poco le penne che avevamo usato per travestirci.
– Chi se lo immaginava che si sarebbero incazzati così tanto?
– Shhh! – zittii Robert e rimasi in ascolto dei battiti d'ala che risuonavano dall'alto. Sembrava che si stessero muovendo in cerchio sopra di noi in stile avvoltoio. Il che voleva dire che se avessimo tirato dritto in una direzione qualsiasi, probabilmente ne saremmo usciti. Dovevamo muoverci alla svelta, prima che il turbine di trasformasse in un tornado di sabbia.
Strattonai Robert per un braccio e mi mossi, ma lo sentii fare resistenza.
– Che c'è? – sbottai, con l'accortezza di proteggermi la bocca con l'altra mano. Avevo già mangiato fin troppa sabbia per i miei gusti.
– Uno di loro è qui a terra. L'ho visto zampettare da queste parti...
– Motivo in più per andarsene – ribattei e me lo tirai dietro, ma non riuscii a fare un passo che mi ritrovai di fronte a un pennuto verde.
Io e Robert urlammo.
Il pennuto urlò.
Solo dopo un bel po' di urla varie da una parte e dall'altra, ci accorgemmo che quella figura ricoperta di piume non ci stava imitando, come avevano fatto invece i Cobra-Teschio volanti prima di appunto, spiccare il volo. E che, inoltre, era piuttosto spennacchiato, proprio come noi due.
– Finiscila, Robert, è solo la nostra guida – lo rimproverai, come se non avessi anch'io pensato di trovarmi di fronte a una di quelle bestiacce.
Dall'alto risuonarono le nostre urla terrorizzate, replicate dai becchi dei pappagalli giganti assieme a un rumore chiocciante che pareva una strana risata.
– Certo che urli davvero in falsetto quando pensi di essere a un passo da una morte orribile – feci notare a Robert. Era un po' difficile prenderlo sul serio quando, ormai più calmi, si poteva riascoltare un'imitazione perfetta del nostro exploit vocale.
– Questo è troppo – brontolò Robert, sollevando un pugno. – Brutti uccellacci, ora mi avete proprio fatto arrabbiare di brut...
Non riuscì a finire la frase, perché dovette girarsi e sputare sabbia a tutto spiano.
– Già, adesso tremeranno di paura – commentai in tono sarcastico, e sollevai un sopracciglio quando la guida stramazzò ai nostri piedi, probabilmente svenuta.
– Andiamo bene.
Uno di noi, almeno, non avrebbe dovuto vedere con che razza di assurdo piano se ne sarebbe uscito Robert per toglierci da quella vorticosa situazione.

Nessun commento:

Posta un commento