sabato 29 maggio 2021

Disdoro

Disdoro [di-sdò-ro] s.m. Vergogna, disonore.

Etimologia: dal latino dedecus, sincoparo dalla forma aggettivale dedecorus, "indecoroso" attraverso lo spagnolo desdoro. Secondo altri deriva invece da desdorar, "togliere le doratura".



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Foto di Ivan Siarbolin da Pexels


Lei rideva, rideva con mille voci prese in prestito, guizzando come nebbia impalpabile da un punto all'altro.
– Eco! – Battei i pugni contro la lastra di vetro che mi imprigionava, pur sapendo che non avrei potuto romperla, poi mi accasciai a terra. Il mio dono, che era anche la mia maledizione, continuava a mostrarmi immagini di come il suo gesto avrebbe cambiato il mondo, riverberando dalla superficie dello specchio nel nulla che mi circondava. Messi bruciate e fiumi in secca e una cappa di aridità e stanchezza su tutta la terra. Nessun riposo sotto una coltre di neve in inverno, nessun sollievo dall'arsura e dalla fame. Solo un'eterna apocalisse rovente. – Che cos'hai fatto...
Fin dall'alba dei tempi vigeva un patto tra i Divini che reggevano entrambi i mondi. Il loro alternarsi sui troni al centro di Mith, nella sala denominata Chiave di Volta, dava origine alle stagioni sulla terra. Questo fino al terribile giorno della scomparsa dei Divini. Nella guerra che era seguita tra il popolo degli Ardentes e quello dei Glacies, io ed Eco ci eravamo schierati dalla parte del male minore.
Da anni vegliavamo sulla pace dalla Chiave di Volta e consigliavamo i Glacies seduti sui troni. Lei riportava le voci dal mondo, io mostravo loro ciò che avevano bisogno di vedere. O almeno lo avevo fatto finché lei non mi aveva distratto, impedendomi di avere una visione di ciò che stava accadendo, poi mi aveva rubato.
Tradire i reggenti Glacies per consegnare le stagioni a coloro che le avrebbero bruciate. Al confronto il mio crimine, quello che gli altri definivano il mio crimine, mi pareva un risibile disdoro. In fondo, che cosa avevo fatto? Mi era stato detto che i Floràe non erano stati creati per amarsi l'un l'altro, bensì per essere ammirati e adorati da estranei. Eppure, nell'amare qualcuno così simile a me, il mio riflesso, io non avevo fatto del male.
Eco non solo aveva gettato disdoro sul suo nome, ma aveva messo in pericolo tutti quanti, Floràe e Faunòe compresi.

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