giovedì 6 maggio 2021

Acqua

Non ho molti racconti ambientati nel sottosuolo, perciò ho allargato la ricerca a forre e canyon, purché possedessero le caratteristiche delle caverne: buio, passaggi angusti, o il pericolo di restare intrappolati. Questi sono i brani che ho trovato:

Lungimirante (https://lapiumatramante.blogspot.com/2017/11/lungimirante.htmll)
Il passato perduto (https://lapiumatramante.blogspot.com/2018/02/il-passato-perduto.html)
Corroborante (https://lapiumatramante.blogspot.com/2018/07/corroborante.html)
Forra (https://lapiumatramante.blogspot.com/2018/07/forra.html)
Questo è il posto (https://lapiumatramante.blogspot.com/2018/08/questo-e-il-posto.html)
Terrore dall'alto (https://lapiumatramante.blogspot.com/2020/01/terrore-dallalto.html)
Tesoruccio (https://lapiumatramante.blogspot.com/2020/02/tesoruccio.html)


A parte l'ultimo, che però è ironico e dal punto di vista del cattivo, non ho ancora usato questa ambientazione per un racconto horror... tempo di rimediare con il tappeto sonoro Watery Cavern Ambience (https://www.youtube.com/watch?v=hhcH1_eEzUc&t=3630s) di Chetta Monster.



Immagine liberamente disponibile su Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.


Era ovvio che saremmo andati a cercarli. Da quando la Grande Scoperta era diventata di dominio pubblico, ogni nazione e ogni gilda privata aveva fatto a gara per accaparrarsi quelli che fino a poco tempo prima erano stati solo degli inutili cristalli cerulei da usare come ornamento per signore. Pochi mesi dopo essere state promosse da orpelli di vanità a fonte di energia, ogni gemma rinvenuta era scomparsa dalla circolazione, e tuttavia non eravamo ancora appagati.
Ne volevamo di più.
Così chi aveva denaro sufficiente si rivolgeva ai geomanti, maghi specializzati nel sondare il sottosuolo e rinvenire filoni auriferi e giacimenti di petrolio. I cristalli azzurri non erano tra i minerali che venivano chiesti loro di solito, tuttavia le prime esplorazioni avevano dato buoni risultati.
Io facevo parte del gruppo che era stato mandato all'estremo nord di Varelya.
La nostra spedizione aveva dovuto affrontare qualche inconveniente a causa del ghiaccio e del freddo, ma a parte un fastidioso ritardo rispetto alla tabella di marcia, non avevamo subito danni. L'ingresso alle caverne sotto i ghiacci perenni di quella regione si era rivelato più stretto rispetto a quanto aveva previsto il mago. Tentare di allargarlo con gli esplosivi era troppo rischioso, perciò decidemmo di calare nelle grotte solo i componenti del gruppo più minuti, ovvero le donne e i ragazzi.
Io ero il membro più giovane dell'intera spedizione: sarei andato.
Ero emozionato, e nervoso, e non immaginavo che il mio ruolo sarebbe mai stato qualcosa di più che aiutare il cuoco, montare e smontare le tende, tenere in ordine i bagagli con le nostre scorte. Ma eccomi lì, appeso a una corda tramite complicate imbracature, mentre mi contorcevo come un verme per superare il budello di roccia che mi si stringeva addosso, con venature serpentine rischiarate dalla lampada del caschetto a un palmo dal mio naso. Fortuna che non soffrivo di claustrofobia.
Magda e Brìs erano passate prima di me e mi attendevano laggiù, mentre Shaul si sarebbe calato per ultimo.
Sbucai al termine della galleria e trovai il vuoto sotto di me. Mi avevano avvertito, ma vedere all'improvviso aprirsi quella voragine con un salto di una decina di metri mi mise paura e mi aggrappai alla corda. Le due donne mi rassicurarono e mi presero per le gambe non appena  fui alla loro portata. Erano scalatrici esperte, al contrario di me, e avevano partecipato già a numerose spedizioni sulle vette della Catena Lunga e tra le grotte di montagna. Io rabbrividii in quell'ambiente freddo e umido, e mentre attendevo l'ultimo componente del nostro gruppetto mi guardai attorno. Un suono liquido, un continuo gocciare dalle numerose stalattiti che s'intravedevano sul soffitto riempiva d'echi la galleria in cui ci trovavamo. Le donne avevano puntato un faretto sulla fenditura da cui eravamo entrati, un fascio di luce molto più intenso di quello dei nostri caschi, così da poterla ritrovare al nostro ritorno. Era davvero stretta, e mi chiesi come avremmo fatto a tornare su con un carico di cristalli.
Quando anche Shaul toccò terra e si sganciò dalla corda, ci mettemmo in marcia.
La nostra meta non era molto distante, appena una decina di minuti a buon passo. Facile, pensai. Poi la galleria cominciò a restringersi e a salire e io temetti di dover affrontare un altro passaggio angusto come quello che avevo già oltrepassato a fatica, ma i miei timori si rivelarono infondati.
Il gocciolio si amplificò e si sommò allo scroscio di un continuo fiotto d'acqua che rimbalzava sulla roccia, e oltre l'ennesima curva della galleria le pareti si allargarono in un'enorme sala. Alzai gli occhi al colmo della meraviglia quando Brìs si spostò a sinistra per lasciarmi passare. Sulla volta, innumerevoli forme cristalline intrappolate in gusci di ghiaccio riflettevano il fascio di luce del mio caschetto in bagliori vibranti, che si moltiplicavano colpendo altri cristalli o la superficie di un ampio lago sotterraneo. L'acqua riempiva quasi del tutto il fondo della caverna, lasciandoci soltanto un sottile cornicione sul quale procedere in fila indiana. Ma non serviva andare molto lontano, perché i cristalli ghiacciati ricoprivano ogni centimetro di roccia al di sopra del lago, e forse anche al di sotto. Stando lì si aveva l'impressione di essere dentro a un'enorme drusa.
– Come mai il lago non è ghiacciato? – chiese Shaul mentre preparava l'attrezzatura per estrarre i cristalli, e la sua voce riverberò di echi inquietanti nella caverna azzurra.
– Forse c'è una sorgente termale. Vuoi fare un tuffo? – scherzò Brìs.
– È acqua di scioglimento. – Magda indicò la parete opposta, da dove proveniva un suono argentino simile a un ruscello. – Normale che non congeli. Ma facciamo presto, prendiamo quello per cui siamo venuti e andiamocene, che questo posto mi dà una brutta sensazione.
– Mette i brividi... e intendo, in senso letterale! – disse Brìs, battendo le mani intirizzite avvolte dai guanti. Era l'unica tra noi che sembrava di buonumore. Quanto a me, non riuscivo nemmeno a parlare con tutti quegli echi spezzati che rendevano le nostre voci davvero strane.
Nel frattempo Shaul e Magda erano pronti con il seghetto tagliapietre. Il ghiaccio si sciolse sotto le lame come burro, ma quando Shaul attaccò a segare il cristallo, la pietra emise uno stridio simile a un urlo agghiacciante. Il ragazzo si fermò e ci scambiammo un'occhiata spaurita.
– Non fare il pusillanime, va' avanti! – lo spronò Magda, che raggiunto lo strato di cristallo, lo attaccò ignorando lo stridore prolungato che m'indusse a tapparmi le orecchie. – Visto, è facile! – urlò per sovrastare quell'ululato che si faceva sempre più intenso.
Rassicurato, Shaul fece per ripartire, ma Brìs esclamò: – Fermatevi! C'è qualcosa nel lago!
Anche se il suo tono di voce era serio, Brìs si attirò solo occhiate scettiche, tanto che fu costretta a precisare: – Non sto scherzando, l'ho visto davvero!
Ci fermammo e scrutammo tutti quanti l'acqua limpida. A me parve di vedere un'increspatura, come di un pesce che salga in superficie, ma subito Magda fugò i miei timori: – Sono solo le gocce che piovono dall'alto, ci vogliamo sbrigare, prima che mi spuntino le branchie?
– Guardate là! – l'interruppe Shaul, tendendo il braccio a indicare a sinistra. E noi guardammo.
Di fronte ai nostri occhi, rischiarata dai fasci di luce del caschetto, l'acqua si stava sollevando. S'innalzò per quasi due metri e si plasmò nelle sembianze di un essere umano, senz'occhi e senza bocca, con le gambe unite e immerse a metà nel liquido sotto di lui. Non lo sapevamo, ma stavamo guardando quella che il folclore locale chiamava un'ondina, e che secoli dopo sarebbe stata definita "acqua senziente".
Accadde tutto in un lampo. Il fascio di luce di Shaul s'inclinò, e lo sentii prendere un respiro spezzato, come di qualcuno che annaspa in cerca d'aria, e quando avvertii quacosa che mi toccava la caviglia e mi voltai, Shaul non c'era già più. Era scivolato o era stato trascinato in acqua, e si dibatteva sotto la superficie del lago, lottando contro qualcosa di invisibile. Mi chinai e protesi le mani verso il mio sfortunato compagno, ma prima che potessi toccare l'acqua Brìs urlò: – No! – in un tono così autoritario che io mi alzai di scatto. Non potei fare altro che guardare mentre altre figure d'acqua emergevano dal lago e il dibattersi disperato di Shaul si faceva sempre più debole, fino a fermarsi del tutto.
Poi fu la volta di Magda. Lo vedemmo chiaramente, stavolta, il tentacolo d'acqua che guizzò rapidissimo ad avvolgersi alla sua vita e a sollevarla. Brìs le afferrò un braccio con entrambe le mani. Magda urlava: – Non lasciarmi! – ma i guanti di Brìs scivolarono sulla manica della compagna di scalate, e il tentacolo d'acqua la strappò alla sua presa e la sollevò ancora fino a sbatterla con violenza contro le rocce ghiacciate del soffitto; poi si disfece all'improvviso e la lasciò ricadere nel lago, inondando me e Brìs di spruzzi. Il corpo di Magda galleggiò immobile a faccia in giù, sanguinante e col cranio spaccato.
Udii un lamento straziante da parte di Brìs, solo un lamento, poi la donna si asciugò il volto e mi spinse verso la galleria: – Andiamo via di qui, usciamo, presto!
Mi girai e corsi. All'imbocco della galleria mi resi conto di non sentire i suoi passi dietro di me, così mi voltai: Brìs aveva un piede intrappolato nel ghiaccio fin sopra al polpaccio, e si stava chinando a raccogliere un seghetto tagliapietre. – Scappa, stupido ragazzino! Avverti gli altri! – mi disse, e io la lasciai lì e ripresi a correre.
Dietro di me sentii il ronzio del seghetto tagliapietre, il gorgoglio dell'acqua, e l'urlo di Brìs. Poi più niente se non lo scrosciare dell'acqua che mi inseguiva, sempre più forte, sempre più vicino. Non mi guardai alle spalle, e non ascoltai le gambe che urlavano di dolore, o il cuore che sembrava pomparmi sangue direttamente nelle orecchie. La strada in discesa era d'aiuto, ma sapevo che anche l'acqua scorreva più rapidamente dietro di me. Di fronte a me iniziai a scorgere la luce del faretto, e seppi che la salvezza non era lontana. La corda era giù, a disposizione, l'avevamo lasciata così dopo aver sganciato Shaul. Lo sfortunato Shaul. Al pensiero, lacrime gelide mi punsero gli occhi, ma mi impegnai al massimo per raggiungere quello che era a tutti gli effetti un faro nella tempesta che stava per travolgermi. Non badai allo stillicidio continuo dalle stalattiti, non pensai a quanto si era fatto più rapido il suo ritmo rispetto a quanto avevo avvertito all'andata.
Non, almeno, finché non avvertii un rumore di vetri infranti e la luce del faretto si spense, lasciandomi al buio. Senza speranza.
Allora smisi di correre. Ero rimasto da solo, nell'oscurità.
Con il gocciolio dell'acqua nelle orecchie, e il ruggito dell'onda dietro di me che presto mi avrebbe travolto.

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