giovedì 20 maggio 2021

La scuola di Leda

Tra i miei personaggi ho tanti ragazzi e bambini, quindi è normale che ci siano scene ambientate a scuola. In molti casi avevo la loro stessa età quando ho iniziato a scrivere quelle storie, dunque gran parte di esse è influenzata dalla mia esperienza diretta. Ma che siano frutto di ricordi o di immaginazione, ecco qui i brani ambientati a scuola che ho scritto per il blog:

Ciangottare (https://lapiumatramante.blogspot.com/2016/11/ciangottare.html)
Sonder - Storia di una comparsa (https://lapiumatramante.blogspot.com/2017/04/sonder-storia-di-una-comparsa.html)
Le cicatrici che non vedi (https://lapiumatramante.blogspot.com/2018/01/le-cicatrici-che-non-vedi.html)
La ragazza che suona il piano (https://lapiumatramante.blogspot.com/2018/07/la-ragazza-che-suona-il-piano.html)
Le nuvole di Luke (https://lapiumatramante.blogspot.com/2018/08/le-nuvole-di-luke.html)
Onusto (https://lapiumatramante.blogspot.com/2018/09/onusto.html)
Le conseguenze (https://lapiumatramante.blogspot.com/2020/03/le-conseguenze.html)
La Poesia in tasca (https://lapiumatramante.blogspot.com/2020/04/la-poesia-in-tasca.html)


Questa volta l'ispirazione mi è venuta dalla foto qui sotto, e da una classe formata da ragazzi di varie età che ho visto in un anime: le ho combinate, e ho calato nella situazione uno dei miei personaggi. Per scrivere il racconto seguente, ho usato come tappeto sonoro Classroom ASMR Ambience (https://www.youtube.com/watch?v=8L719_ap3iE) di Winter Whale.



Immagine liberamente disponibile su 
Pexels sotto licenza Creative Commons Zero.
Foto di Stephen Paris da Pexels


La pioggia batteva il suo ritmo melodioso sui vetri della stanzetta angusta, mescolandosi al graffio sommesso delle matite sui fogli. Gli occupanti, una dozzina in tutto tra ragazzi e bambini più un adulto, quella mattina erano insolitamente tranquilli. Forse era merito della pioggia, che avrebbe comunque impedito loro di godersi la giornata all'aperto; forse era l'argomento che stavano affrontando, che per alcuni necessitava di più attenzione che per altri.
Quella stanzetta era la scuola, l'unica in tutto il villaggio, con una sola classe mista che radunava alunni di tutte le età. Quella stanzetta era il regno di Leda.
Ora di matematica, la sua preferita.
Combinare cifre e trovare soluzioni agli enigmi numerici le riusciva facile. A dire la verità tutto le riusciva facile, non solo la matematica; ma in quel caso, finiti i compiti, Leda poteva rilassarsi e pensare ai fatti suoi.
– Va bene così, Leda? – Patrél richiamò la sua attenzione sul foglio scarabocchiato in cui aveva trascritto e poi risolto alcune delle operazioni alla lavagna. Era uno dei bambini del secondo anno, perciò i suoi esercizi erano di una semplicità elementare per Leda, a cui bastò un colpo d'occhio per individuare l'errore.
– No, hai sbagliato. Di nuovo – ripeté Leda in tono piatto. Sbirciò la maestra, che in fondo all'aula era alle prese con gli altri del terzo anno. Sebbene fosse più giovane rispetto a loro, quello era il terzo anno anche per Leda; lei però se ne stava ben lontana dal gruppetto dei suoi pari. Aveva cominciato un anno prima degli altri bambini, e fin dall'inizio aveva assorbito tutta la conoscenza possibile, anche quella destinata ai rari casi che rimanevano sui banchi per il quarto o quinto anno di seguito, non per il bisogno che gli venisse ripetuto un concetto che non gli entrava in testa, bensì perché i genitori speravano che l'istruzione offrisse loro un futuro migliore in città. Leda avrebbe potuto frequentare questi ultimi, dato che pure lei aveva un obiettivo simile, se non più ambizioso; eppure anche quegli "eruditi" del villaggio, predestinati a grandi cose, parevano a Leda fin troppo infantili.
E così lei, la solitaria bambina del terzo anno dell'età di quelli del secondo, era diventata l'assistente non ufficiale della maestra, e quelli che avevano qualche difficoltà a imparare, come Patrél figlio del pastore, le ronzavano intorno. Leda ne approfittava per esercitarsi in altri insegnamenti, quelli ricevuti dalla madre, la Tessitrice, che reggeva tra le sue mani i fili di innumerevoli vite tra gli abitanti di questo e dei villaggi vicini.
Leda sorrise. Una volta assicuratasi che la maestra fosse troppo occupata per badare a lei, tra il crepitio della pioggia e il sibilo delle punte di grafite mormorò a Patrél: – E va bene, ti aiuto. Ti insegno un metodo per ricordarti più facilmente come arrivare alla soluzione. Però... tu dovrai ricordare che sono stata gentile con te.
Patrél annuì, ma a lei non bastava. Doveva conservare una prova di quell'accordo, nel caso Patrél si fosse rifiutato di darle quanto le doveva, una volta giunto il tempo della riscossione. Così Leda trasse da una tasca nascosta, cucita nella gonna, un quadernetto nero, piccolo e consumato dall'uso, e con la matita del compagno scrisse la data nella sua grafia elegante, seguita da: "Lezione di matematica. Aiutato Patrél, mi deve un favore". Lasciò che il ragazzino scrivesse il suo nome in lettere sghembe, prima di riporre il quadernetto al suo posto e sissurrargli nell'orecchio una scorciatoia mnemonica di sua invenzione.
Mentre l'ascoltava Patrél aggrottò la fronte, poi si illuminò, le sorrise e si mise a correggere i compiti.
Leda tornò a guardare la finestra rigata dalla pioggia, e a pensare ai fatti suoi con il sottofondo del sussurro di matite che lentamente si consumavano nello studio. Patrél non era furbo, ma era robusto per uno della sua età, e crescendo, Leda poteva solo immaginare che lo sarebbe diventato ancora di più. Le sarebbe stato utile se qualcuno avesse tentato di infastidirla mentre suo fratello, che di solito era il suo più strenuo difensore, era per mare assieme al padre.
In ogni caso, utile o meno, era un'altra aggiunta alla sua collezione di debitori, e Leda non poté che sentirsi fiera di essersi dimostrata così brava nella materia che sua madre le aveva insegnato.

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