giovedì 1 dicembre 2022

Il testamento


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Foto di Donatello Trisolino da Pexels


Sapevo perché il vecchio signor Olivieri aveva richiesto che la lettura del testamento avvenisse proprio nel salottino di quell'hotel. Probabilmente io, un ragazzino di dodici anni, ero l'unico a sapere il perché di quella scelta inusuale.
L'odore di quel luogo mi era familiare. Non lo avevo mai sentito prima, eppure lo conoscevo. Perfino i suoni, il rimbombo dei passi sul pavimento di linoleum, l'insistente trillo del campanello della reception in balia di un bambino dispettoso, la leggera musica che veniva diffusa nelle sale, tutto mi ricordava casa. E se mi concentravo, se davvero prestavo attenzione, riuscivo quasi a riconoscere il senso delle parole che i turisti pronunciavano, passando tra l'ingresso e l'ascensore o le scale, in lingue che non avevo mai udito prima.
Io ero già stato lì, ne ero certo. In un altro tempo, in un'altra vita.
Ero con il signor Palmiro Olivieri il giorno in cui è morto. I miei genitori non si perdonavano di avermi lasciato da solo ad affrontare un momento così delicato, e per loro spaventoso, nella vita di un uomo. A dirla tutta non sapevano la metà delle cose che mi erano capitate quel giorno, e che vederlo morire non era nemmeno stata la cosa più spaventosa, né la più importante, o quella che avrebbe modificato per sempre il corso della mia vita. Era un po' tardi per pensare di dovermi proteggere, a quel punto. La verità era che gli aveva sempre fatto comodo avere nel nostro condominio una sorta di nonno putativo a cui mollarmi quando loro erano troppo impegnati per me. Che strano non averlo capito finché lui non era morto.
Lo capivo, adesso. Dopo il dolore acuto che aveva accompagnato il passaggio, avevo iniziato ad accorgermi e a capire così tante cose che prima ignoravo. Come quell'occhiata pietosa tra i miei quando pensavano che non li guardassi. O il modo in cui la mamma aveva reagito stringendo le labbra alla lettera di convocazione per la lettura del testamento del nostro vicino. Non ci avevo fatto caso in precedenza, ma aveva sempre quell'espressione quando pensava che ci fosse qualche fregatura in arrivo.
Anche quei luoghi nuovi, come l'hotel, che nuovi per me non erano affatto. Stavo unendo i puntini con una nuova consapevolezza, e lo notavo. Era un po' come imparare al contrario: riconoscevo le cose man mano che mi capitava d'incontrarle e ne capivo il senso senza mai averlo studiato.
Quando i miei genitori mi avevano portato a dare l'ultimo saluto al signor Palmiro, ed era stato più per placare il loro senso di colpa che per permettere a me di comprendere la morte, per la prima volta era stato strano vedere le sue mani da lontano e da fuori. Era stato strano perché io quelle mani le ricordavo al posto delle mie, che in quel momento mi parevano quasi troppo piccole. Per la prima volta lo riconobbi come un altro me, uno dei tanti me che erano vissuti nel passato, e i cui ricordi affioravano a tratti nella mia memoria di bambino, senza darmi la possibilità di capire a chi realmente appartenessero e senza soffocare chi ero sempre stato in questa vita e chi ancora sentivo di essere, Patrizio Boscoscuro.
Io non ero Palmiro Olivieri, non lo ero mai stato nonostante quelle mani mi paressero così familiari, eppure una parte di lui, quella parte che avevo intravisto brevemente nel passaggio ma che non avrei saputo descrivere, quella parte che mi aveva lasciato una cicatrice nascosta e che si era annidata nel mio cervello, avrebbe continuato a vivere da quel momento in avanti in me.
I miei genitori, lasciati a sé stessi nella salottino dell'hotel, erano ansiosi e leggermente preoccupati. Io me ne stavo calmo, sprofondato nel divano che odorava di pelle conciata, e con un principio di noia. Quel luogo, che scatenava un senso di déjà-vu fin troppo scontato, mi spingeva ad anelare di fuggire via in cerca di una novità qualsiasi, o magari soltanto di andare a togliere di mano il campanellino della reception al marmocchio che si divertiva con così poco, come io sapevo che non sarei più riuscito a fare, perché... insomma, passi una o due volte, ma andare a suonarlo per la ventesima, ventitreesima, ventisettesima volta... che gusto ci provava?
Anche mia madre si stava ormai spazientendo. Era sorprendente come gli adulti fossero diventati facili da capire, come i loro grandi, insondabili e incomprensibili problemi si fossero all'improvviso ridotti alle dimensioni di granelli di sabbia. Era una fortuna per loro che i bambini non sapessero affatto quanto erano infantili.
L'avvocato di Palmiro Olivieri arrivò con venti minuti di ritardo. In un certo senso lo conoscevo, perciò non mi sarei aspettato nulla di diverso. Anche la lettura del testamento non mi sorprese.
A parte un cugino di terzo grado residente in Brasile, a cui Palmiro Olivieri aveva destinato una somma dignitosa ma non eccezionale, tutto il resto del suo ragguardevole patrimonio l'anziano vicino lo aveva riservato a me, in gran parte in conti bloccati a cui avrei potuto avere direttamente accesso alla maggiore età, e in misura minore in un deposito di cui i miei genitori potevano disporre per soddisfare le mie necessità di studio e di mantenimento negli anni a venire.
– Ma... perché, non capisco. Non siamo nemmeno parenti...
Mia madre ancora stentava ad abbandonare l'idea che il mondo intero intendesse fregarla.
– L'unica cosa che so, signora, è che per Palmiro era il nipote che non ha mai avuto – L'avvocato, dopo aver sbrigato le formalità, pareva soltanto ansioso di andarsene a fare qualcosa di più remunerativo. – Non si dimentichi le ceneri del de cuius, e che il giovanotto deve decidere se e come spargerle da disposizioni. Arrivederci.
Era occorso qualche istante per mia madre per riprendersi dallo shock di quell'inaspettato colpo di fortuna in apparenza privo di effetti collaterali. Quando aveva realizzato, davvero realizzato la portata di quell'eredità, si era chinata e mi aveva abbracciato.
Io non avevo ricambiato la stretta. Ricordavo troppi abbracci per farlo. Lei interpretò la cosa come un segno che stavo crescendo.
– Il mio ometto! Grazie per aver allietato gli ultimi mesi di un vecchio signore tanto simpatico.
"Grazie per aver conquistato la sua fiducia ed esserti fatto consegnare tutto il malloppo", era quel che intendeva in realtà. Sorrisi.
Oh, gli adulti stavano diventando così facili da leggere, e non avevano idea di quanto io li capissi.

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